RASPELLI A PIEVEPELAGO

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Trattoria Rosa Vignocchi
a Pievepelago
di Luca Bonacini
Quando Edoardo Raspelli, entrò, e si sedette, alcuni lo riconobbero. Chissà se i gestori, si accorsero che quel signore corpulento e dai modi decisi, era il critico gastronomico più temuto d’Italia? Il giornalista veniva a Pieve in gioventù, insieme al campione di tennis Panatta e conservava un bel ricordo di quel paese adagiato ai piedi del Cimone. Qualcuno gli aveva ben consigliato la trattoria di Rosa Vignocchi, come uno dei locali più antichi e con la migliore cucina di Pieve. Decise di assaggiare tagliatelle al ragù e tortelloni, poi due secondi, che gli vennero portati tradendo una certa emozione. Dopo qualche giorno, sulla Stampa di Torino, arrivò la meritata quanto inaspettata recensione, ottenuta senza sconti, un bell’elogio alla  prelibata cucina, e alla cordialità di Anna e Angelo. La trattoria aveva aperto i battenti alla fine dell’ottocento grazie a Mengo, il bisnonno di Angelo e Anna Vanoni, attuali gestori. Erano altri tempi, c’era sempre qualcuno a banco con un bicchiere in mano, e una volta all’anno si scendeva in pianura a scegliere il vino, che poi veniva consegnato dentro a grandi botti che  si imbottigliavano insieme a tutto il paese, tutti davano una mano e alla fine si faceva festa, con il vino nuovo e tanto gnocco fritto. Fece seguito la gestione di nonno Bruno e nonna Almerina insieme ai cognati, era una mescita di vino con cucina e si preparavano piatti semplici, ma le lasagne e i tortellini erano un lusso, erano serviti solo alla domenica. Il lunedi giorno di mercato, accadeva di tutto, il locale si trasformava, chiassosi commercianti di bestiame, allevatori impegnati a concludere un affare, preti intenti ad accudire le anime davanti a un buon bicchiere, pastori, mediatori, birocciai. Ne derivò una lunga gestione quasi sempre affidata alle donne di casa, a cui si affiancò Rosa Vignocchi, figlia di Bruno e Almerina, mentre gli uomini andarono spesso a lavorare in Arabia Saudita e Algeria. In oltre cento anni  non mancarono gli ospiti famosi, giunti anche da lontano per godere di quella cucina, “uno in particolare ci piace ricordare, si tratta del campione di sci Zeno Colò, che venne a cena con amici in più di un occasione”. L’ingresso era il medesimo, e la struttura era grosso modo come oggi, ma allora, e fino al 1985 si mangiava anche al primo piano, prima che nuove regole imponessero una radicale ristrutturazione. Tra le vecchie foto, e i tanti oggetti d’epoca che contribuiscono all’arredo del locale, a ricordo di un passato votato esclusivamente al culto dell’ospitalità, a cui contribuì grandemente anche Rosa Vignocchi, mamma di Angelo e Anna, si conserva in particolare, un’antica bilancia, e una collezione di caraffe da vino, ognuna con l’indicazione della capienza, e i piombini imposti negli anni ’50 dal controllo delle frodi, che annualmente vigilava su osterie e trattorie. Il travaso di nozioni ed esperienze è stato graduale ma efficace e “anche oggi ci basiamo sulle ricette della nonna, una cucina di confine che affonda le radici nella tradizione, pasta fresca e primi piatti sono emiliani e i secondi toscani, mentre la cantina è stata ampliata, con un’importante selezione di bottiglie, perché tutti i palati abbiano soddisfazione”.  
Pubblicato Resto del Carlino 2011

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