I 25 anni del Louis XV di Alain Ducasse a Montecarlo
di Paolo Marchi
Quando sei spettatore in prima fila di un evento unico come il week-end di festa per i 25 anni a Monte-Carlo del
Louis XV – Alain Ducasse, gli spunti sono mille. Ci sono le cartoline più smaglianti come i 240 cuochi invitati in posa davanti all’
Hotel de Paris per la foto ricordo, il
Grand Marché de la Méditerranée allo Sporting e la cena di gala per 440 persone al
Louis XV, poi quelle che ognuno riesce a individuare nelle pieghe di una celebrazione che non ha letteralmente uguali. In nessun altro posto al mondo si possono trovare due figure come
Ducasse e il principe
Alberto di Monaco in un Paese speciale come Monaco capaci di attrarre un tale numero di chef spontaneamente, una festa anche per l’immagine del principato e per la cucina francese che magari non ha convinto a spostarsi da Parigi un
Passard piuttosto che un
Gagnaire, assenti, ma l’unanimità è prerogativa delle dittature.
Avere alle spalle una struttura economico-organizzativa come Monaco stessa ha fatto anche sì che in pratica non vi è stata traccia di sponsor a mano di non volere considerare tali una Dom Perignon o una Valrhona, fornitori di altissima qualità come le altre cantine, gli artigiani e i produttori che Ducasse ha radunato mettendo loro a disposizione un palcoscenico straordinario. Nessun sceicco o miliardario russo o cinese o di Singapore riuscirebbe mai a fare altrettanto (e, in ogni caso, sarebbe solo una questione di soldi e di ingaggi). E tutt’attorno alla festa, tantissima curiosità. Io ad esempio mi sono sempre chiesto quando scoccò la scintilla che trasformò un valente giovane che ancora doveva compiere 30 anni in una leggenda. Certo, si sa che il principe Ranieri amava la cucina che Ducasse, nato nel settembre 1956, proponeva alla Terrasse a Juan-les-Pins fino a sceglierlo nel 1987 per rivoltare come un calzino un sonnacchioso ristorante di lusso all’interno di un hotel extralusso, Le Louis XV ovviamente. Immagino intuì la passione per la naturalità delle materie prime, il desiderio che il sole del Mediterraneo non si spegnesse nei piatti proposti, l’amore per l’olio d’oliva e i profumi di una terra unica, tutto con un obiettivo ambiziosissimo, un Everest: fare del Louis XV il primo ristorante d’albergo a ricevere le tre stelle. Oggi lo diamo per scontato, in Germania è un’orgia di tristellati all’interno di una struttura alberghiera, in Italia splende Heinz Beck alla Pergola del Rome Cavalieri, ma fino a tutti gli anni Ottanta non era così, i ristoranti top erano strutture indipendenti.
C’è un episodio che segnò la svolta. Ducasse arriva a Monte-Carlo come “chef de cuisines”. Ha un incarico ben preciso, svecchiare il mondo dell’Hotel de Paris, ma va a sbattere contro un muro composto da 20 colleghi che cucinavano con l’entusiasmo dei pensionati ai giardini pubblici. Puoi avere alle spalle il principe regnante, poi però nella quotidianità i conti li fai con chi hai accanto. Arriva il momento di mettere in chiaro le cose: Ducasse acquista 21 polli, ne tiene un per sé e ne consegna uno a ogni cuoco perché prepari un signor pollo arrosto. I risultati? Tra il mediocre e il cattivo. Il suo è il migliore e da quel momento le cose cambiano. Tempo 33 mesi, che sono meno di 3 anni, arriva la terza stella. Da lì sono passati tanti grandi, penso a casa nostra e passano davanti agli occhi i volti sorridenti poche ore fa di Cracco, Berton, Bottura (sabato sera alla stessa tavola del principe), Oldani… Con loro ecco a Monaco pure Alajmo, Beck, Cerea, Iaccarino, Pierangelini, Romito, Nadia Santini, Uliassi, Esposito, Giuseppina e Rita Beglia, Carlo Brunelli, Spigaroli. Invitati ma assenti Scabin e Marchesi, mentre Pierangelini ha preparato sabato a pranzo la Passatina, pasta una parola e il sogno prende corpo. C’è poi chi ha cercato di dare corpo alle polemiche (per la stampa inglese, chef francesi svogliati e chiusi nel loro dorato passato? 50 Best amari per la Francia, perché?), ma Ducasse se le è fatte scivolare tutto via. Si è definito glocal e nemico della globalizzazione che appiattisce tutto, poi ha ricordato ai suoi colleghi una verità: “Al mondo c’è spazio per tutto, persone, guide, classifiche. Personalmente non capisco le contrapposizioni, metà di quanti primeggiano in quella classifica sono presenti a Monaco, segno di universalità. Poi conta durare nel tempo, chi dura di più è perché se lo merita”.
Paolo Marchi
Credit Identità Golose / immagini Dissapore