IL MASSIMO
di MASSIMO BOTTURA da EATALY a ROMA
di Lorenzo Sandano
Bonilli, Bottura, Farinetti |
Siamo all’ultimo piano di Eataly Roma, per la serata conclusiva del “Il grande romanzo della cucina italiana in 11 puntate” organizzato e diretto da Stefano Bonilli.
L’ospite di questa sera è forse il maggior rappresentante della cucina italiana attuale nel mondo, una figura carismatica e vitale che riesce letteralmente ad incantare il pubblico con la sua dialettica e con il suo charme: stiamo parlando dello chef Tristellato Massimo Bottura del Ristorante Osteria Francescana.
Prima della cena Stefano Bonilli, Bottura e Oscar Farinetti seduti uno di fianco all’altro, hanno espresso il senso di questi incontri gastronomici, ripercorrendo anno per anno le tappe trattate e gli chef che hanno partecipato alle serate precedenti.
1950: Cantarelli, a San Boseto vicino Parma, e la sua osteria primigenia che ha dato uno spunto importante a molti locali futuri. Bottura si ricorda che all’età di 14 andava a mangiare da Cantarelli.
1960: La Cesarina, colei che ha inventato i tortellini alla panna, un piatto “mitologico” anche per Bottura che ne propone una sua versione alla Francescana.
1970: Il San Domenico di Imola, la Francia che arriva in Italia attraverso una cucina delle case nobiliari, condizionando molti altri locali.
1975: Guido e Lidia Alciati mettono in piedi un ristorante con menù fisso dove è obbligatoria la prenotazione. Primo ristorante 2 stelle Michelin di Italia.
1980: Gualtiero Marchesi, secondo Bottura un personaggio assoluto, che ha condizionato tutta la sua generazione di cuochi. Ha portato la nouvelle cuisine in Italia con eleganza.
1990: Alfonso Iaccarino del Ristorante Don Alfonso, che fa nascere l’alta ristorazione nel Sud Italia. Bonilli sottolinea l’importanza dell’orto di Punta Campanella che rifornisce direttamente il ristorante. Un grande pezzo di storia della ristorazione italiana.
1992: Moreno Cedroni crea il suo “Susci” all’italiana. Determinante la sua esperienza al ristorante spagnolo di Ferran Adrià.
1995: Fulvio Pierangelini, genio e sregolatezza. Il Gambero Rosso e la costruzione minuziosa di piatti che lasciano il segno nella memoria.
2000: Heinz Beck, Ristorante La Pergola, il romano-tedesco. Una grande cucina tecnica che non fa il verso a quella romana.
2005: Amerigo a Savigno. Nasce la trattoria-locanda con camere e con dispensa dove si possono acquistare i prodotti che propone nella sua cucina.
2012: Massimo Bottura. Inizia nel 1986 quando dopo aver litigato con il padre decide di comprare una trattoria a Modena. Incontra Lidia Cristoni che diventa una seconda mamma e lo supporta tra le altre cose, nell’organizzazione della mise en place.
Molto importante la figura di Georges Cogny, dell’Antica Osteria del Teatro, che insegna a Bottura la cucina classica francese nel dettaglio.
Arriva poi l’esperienza in Francia da Ducasse, dove apprende la ricerca e la scelta della materia prima. Dopo aver ampliato tantissimo il suo bagaglio capisce insieme allo chef francese che è il momento di camminare con i propri piedi.
Nel 1994 a New York comincia a lavorare con la sua futura moglie Lara Gilmore in un Cafè, vivendo allo stesso tempo la movida Newyorchese.
Tornato a Modena crea un team fondato sul rispetto reciproco, una squadra che ha legami quasi fraterni, con cui portare avanti il suo grande sogno: l’Osteria Francescana.
La cena per la serata è stata organizzata in collaborazione dallo staff di Eataly, dall’Osteria Francescana e dall’executive chef Massimo Sola, che ha anche realizzato 2 piatti in onore a Massimo Bottura.
L’ antipasto è stato una versione originale dell’insalata di mare, con pesce crudo, salsa bouillabaisse, broccoletti e peperoni: un contrasto goloso tra freschezza e sapidità che ben introduceva il palato all’inizio del percorso.
seguire il tortino di porri, scalogno e tartufo, ovvero il “Viaggio sul Pò dall’Adriatico e Modena” secondo Massimo Bottura. Un assoluto di mineralità eterea che invade soavemente il palato in un solo cucchiaio. Lento, intenso e meditativo
Come primo è stato il turno di un piatto concettuale e provocatorio, ma al tempo stesso molto immediato: il Cacio e Pepe visto da Bottura, ovvero sotto forma di risotto. Niente pecorino romano per la preparazione, bensì parmigiano 30 mesi dal quale viene ricavato un brodo-acqua di parmigiano per tirare il riso (vialone nano) e una parte più grassa per mantecarlo.
A completare il tutto una spruzzata finale di 6 pepi distillati in una incredibile acqua di pepi, che va a ricoprire la coltre bianca di un perfetto risotto candidamente bianco.
Il risultato è un piatto in crescendo che con la sua leggerezza non annoia o stanca minimamente il palato, ma invita sempre ad un nuovo assaggio. La presenza del pepe è sottile e leggera, affiorando solo nella parte finale della degustazione con una nota molto delicata ed aromatica. Cacio e pepe revolution!
Per secondo nuovamente una creazione di Massimo Sola di Eataly, che ci ha deliziato con una Lingua con salsa di vino rosso, crema di patate all’olio extra vergine e salsa verde. Una costruzione decisamente più corposa e ricca degli altri piatti, che metteva in evidenza una lingua dalla cottura millimetrica.
Conclusione esplosiva nel finale con una vera e propria rottura tra dolce e salato: il Camouflage. Un piatto suggestivo al palato e alla vista che si avvicina molto, anche nella composizione, ad un’opera d’arte.
In effetti è questa una grande caratteristica di Bottura che genera delle preparazioni spesso a 360° in grado di coinvolgere diverse espressioni culturali; preparazioni che regalano delle vere e proprie esperienze sensoriali.
Per introdurre il piatto non a caso lo chef prende spunto da una frase di Picasso, e presenta il suo modo di intendere il Civet di Lepre in versione “quasi dolce”, come vedere una lepre nel bosco: un civet arricchito da foie gras sormontato da caffè, cioccolato, radici, alghe disidratate, spezie ed altri ingredienti resi in polvere sottile per “dipingere” e comporre il risultato finale.
In bocca il tutto è un’esperienza unica e coinvolgente, che va a stimolare molteplici sensazioni compresa quella tattile, visto che la degustazione indicata da Bottura è quella di passare il dito sul piatto per poi leccarlo. Dolce, salato, amaro, grasso, pungente, terroso e molto altro; un rincorrersi continuo di contrappunti in divenire che vanno intervallati da una sbrisolona al sale e nocciole piemontesi. Sorprendente.
Una chiusura eccezionale per una serie di cene della memoria, che si sono concluse con un grandissimo ed unico protagonista della cucina italiana ed internazionale.
Grazie Massimo!
Buon Cibando!
CREDITS : LORENZO SALDANO – CIBANDO
Chi è Lorenzo Sandano
Sono un giovane blogger appassionato del mondo gastronomico che ama viaggiare alla scoperta di nuovi sapori e raccontare le proprie esperienze. Dopo aver operato in alcuni settori nel campo del food, collaboro con un media concept di turismo enogastronomico chiamato Vie del Gusto, puntando ad un possibile titolo di giornalista, e gestisco i contenuti di questo Blog mettendo a disposizione tutte le mie conoscenze sul campo. Buon Cibando!