LA TAVOLA CHE VORREI

Commenti (0) Ristoranti

LA TAVOLA che Vorrei
di Luca Bonacini
La nebbia gioca brutti scherzi, e oggi ce n’è tanta mentre cammino per i vicoli di Modena, arrivo in piazza Grande e intuisco i contorni del Duomo, mentre mi scopro a pensare come sarebbe bello avere a tavola per una sera alcuni amici che hanno fatto più grande e più buona la nostra città, alcuni li ho conosciuti altri avrei voluto. Per uno strano gioco di ombre e figure indistinte mi sembra di scorgere Giorgio Fini mentre accoglie con innato savoir faire i clienti al suo ristorante; ecco l’editore Formiggini elegante pranzare Da Enzo, prima di compiere l’estremo gesto; sotto il Portico del Collegio Antonio Delfini fa la spola tra il caffè Nazionale e il Reale; Mario Molinari è intento a dare vita con estro alle pagine dei vernacoli modenesi; Paolo Monelli sta (assaggiando) e scrivendo il Ghiottone Errante; Ugo Preti rilegge la bozza di uno dei suoi capolavori sulla gastronomia modenese; Enzo Ferrari esce dal ristorante Oreste, trionfante dopo un gara vinta, rischiando di incontrare il competitor Adolfo Orsi; ma ecco Don Zeno Saltini e il suo cuore d’oro occuparsi dei trovatelli; Guglielmo Zucconi fare le ore piccole per chiudere la pagina del Giornale; mentre Giuseppe Panini incita i giocatori della mitica Panini Volley a fare meglio; suo fratello Franco Cosimo guarda compiaciuto la meravigliosa replica della Bibbia di Borso d’Este appena terminata; Luciano Pavarotti di ritorno da un concerto al Metropolitan, sta giocando a briscola davanti a un salame, con i tre amici di sempre: Giorgio, Colonel e Bolà; in via Farini Nano Morandi consiglia agli sbalorditi clienti zampone allo zabaione e champagne Krug; e nel suo studio il giornalista Edmondo Berselli mi chiede un parere sui migliori “Sorbara” e mi racconta con raffinata ironia quel Gran pezzo dell’Emilia. Me li immagino tutti insieme seduti a tavola mentre si sottopongono con gioia al rito del pranzo di Natale, a base delle nostre cose buone, che ci fanno sentire a casa: i tortellini in brodo di cappone, il gran bollito con testina, lingua, manzo, gallina, zampone, cotechino, fagioloni, lenticchie, e salsa verde, seguiti dall’immancabile Zuppa Inglese. Me li immagino ricordare in rigoroso dialetto geminiano la Modena di una volta, raccontandosi senza spocchia le loro prodezze nei rispettivi campi ricordando un aneddoto, una burla, un episodio. Hanno tracciato una strada, ci hanno lasciato un esempio, hanno lavorarato sodo senza mollare mai, hanno portato Modena nel mondo, non hanno dimenticato di essere uomini e di avere intorno delle persone a cui quando c’è stato bisogno hanno saputo dire di si.
Pubblicato sul Resto del Carlino 21 dicembre 2012

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *