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catene
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‘Da Giovanni’
(Rana)
il fast food della pasta
non poteva che essere italiano
Gli
dai un dito e si prende il braccio Giovanni
Rana, certo, proprio quel Giovanni Rana, e ora apre ristoranti “da Giovanni” come fossero funghi nel
ripieno dei suoi famigerati cappelletti. Del resto il fast food della pasta non
poteva che essere nostrano, ma che abbia successo è un altro paio di maniche,
servi una tagliatella scotta a un italiano poi vedi.
dai un dito e si prende il braccio Giovanni
Rana, certo, proprio quel Giovanni Rana, e ora apre ristoranti “da Giovanni” come fossero funghi nel
ripieno dei suoi famigerati cappelletti. Del resto il fast food della pasta non
poteva che essere nostrano, ma che abbia successo è un altro paio di maniche,
servi una tagliatella scotta a un italiano poi vedi.
Si
mangia al costo di buono pasto o giù di lì (da 8,90€ a 10,90€), scegliendo dal
menu (anche in versione baby) un piatto
di pasta generoso, un dolce e una bottiglietta d’acqua (le bevande
americane costano di più). Tanta
sostanza, le chiacchiere stanno a zero. Unica variante concessa la pizza, a tranci, con funzione spezzafame
tra il pranzo e la cena. Alle spalle del personale, nei ristoranti piacevoli e pulitissimi, le mega lavagne insistono sui
diversi tipi di pasta e sui sughi, che per il bel faccione di Giovanni Rana che
dall’alto di una gigantografia sorride benedicente, rappresentano un fatturato
di 300 milioni e uno stabilimento americano da 65 milioni nuovo di zecca, tutto
in euro. Sono buoni? Non sono per niente malvagi, ecco. Fast food della pasta, dicevamo semplificando, e dunque vassoio in
legno da portarsi al tavolo con intagli per le posate e tovagliette di carta.
Oltre le casse si apre la cucina che definire a vista non è esatto –è proprio
lì–, dove il cuoco, ricevuta la comanda, preleva da uno dei tanti cestelli
all’interno del bollitore la quantità di pasta necessaria (o pesa gli gnocchi
da cucinare), condita poi sopra le piastre a induzione. Un sistema di lavoro
molto rapido e bene organizzato. Il
menu del ristorante “Da Giovanni” di Verona, aperto nel centro commerciale
Corti Venete, prevede a 5,90 € l’uno: tagliatelle al ragù, ravioli al brasato,
cappelletti con sugo di panna e prosciutto, gnocchetti alla crema di caprino; a
6,90 € l’uno: gnocchi ripieni di gorgonzola gratinati con sugo di funghi e
speck, tortellini alla carne e il piatto del giorno, paccheri alla pescatora.
Più cari (9€ l’uno) i ravioli al radicchio con ragù bianco di vitello e le
tagliatelle ai funghi. Tra i dolci: tartufata con amarene, crostata di frutti
di bosco, tiramisù, torta di ricotta, torta della nonna e macedonia.
mangia al costo di buono pasto o giù di lì (da 8,90€ a 10,90€), scegliendo dal
menu (anche in versione baby) un piatto
di pasta generoso, un dolce e una bottiglietta d’acqua (le bevande
americane costano di più). Tanta
sostanza, le chiacchiere stanno a zero. Unica variante concessa la pizza, a tranci, con funzione spezzafame
tra il pranzo e la cena. Alle spalle del personale, nei ristoranti piacevoli e pulitissimi, le mega lavagne insistono sui
diversi tipi di pasta e sui sughi, che per il bel faccione di Giovanni Rana che
dall’alto di una gigantografia sorride benedicente, rappresentano un fatturato
di 300 milioni e uno stabilimento americano da 65 milioni nuovo di zecca, tutto
in euro. Sono buoni? Non sono per niente malvagi, ecco. Fast food della pasta, dicevamo semplificando, e dunque vassoio in
legno da portarsi al tavolo con intagli per le posate e tovagliette di carta.
Oltre le casse si apre la cucina che definire a vista non è esatto –è proprio
lì–, dove il cuoco, ricevuta la comanda, preleva da uno dei tanti cestelli
all’interno del bollitore la quantità di pasta necessaria (o pesa gli gnocchi
da cucinare), condita poi sopra le piastre a induzione. Un sistema di lavoro
molto rapido e bene organizzato. Il
menu del ristorante “Da Giovanni” di Verona, aperto nel centro commerciale
Corti Venete, prevede a 5,90 € l’uno: tagliatelle al ragù, ravioli al brasato,
cappelletti con sugo di panna e prosciutto, gnocchetti alla crema di caprino; a
6,90 € l’uno: gnocchi ripieni di gorgonzola gratinati con sugo di funghi e
speck, tortellini alla carne e il piatto del giorno, paccheri alla pescatora.
Più cari (9€ l’uno) i ravioli al radicchio con ragù bianco di vitello e le
tagliatelle ai funghi. Tra i dolci: tartufata con amarene, crostata di frutti
di bosco, tiramisù, torta di ricotta, torta della nonna e macedonia.
Alla
resa dei conti, soprattutto i conti di Giovanni Rana, il risultato è ottimo:
ristorante pieno e clienti soddisfatti. Si mangia mediamente meglio del bar o
take away o fast food sotto l’ufficio, ma discretamente peggio rispetto a una
buona trattoria. Ma i tempi di digestione sono paragonabili. In definitiva,
omologazione del gusto o ineccepibile (quasi, il fritto grida ancora vendetta)
alternativa alla ristorazione da pausa pranzo con menu e prezzi popolari? Più
la seconda della prima, a meno che, quelli che ci sono stati, vogliano
smentirmi.
resa dei conti, soprattutto i conti di Giovanni Rana, il risultato è ottimo:
ristorante pieno e clienti soddisfatti. Si mangia mediamente meglio del bar o
take away o fast food sotto l’ufficio, ma discretamente peggio rispetto a una
buona trattoria. Ma i tempi di digestione sono paragonabili. In definitiva,
omologazione del gusto o ineccepibile (quasi, il fritto grida ancora vendetta)
alternativa alla ristorazione da pausa pranzo con menu e prezzi popolari? Più
la seconda della prima, a meno che, quelli che ci sono stati, vogliano
smentirmi.
[Crediti
| Link Dissapore. Immagini: Andrea Soban e Shopsandthecity]
| Link Dissapore. Immagini: Andrea Soban e Shopsandthecity]