Le LASAGNE del MAESTRO PAVAROTTI

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Pasta fresca
sopraffina 
dal 1912

di Luca Bonacini

La telefonata giunse inaspettata e Mario
Braglia professione pastaio, pensò a uno scherzo, Pavarotti si complimentava
per la finezza delle lasagne
con cui aveva appena pranzato. Certo, quando un
amico di Big Luciano si era presentato chiedendo alcune porzioni per fare
fronte ad ospiti inattesi arrivati a casa del maestro, Mario aveva fatto del
suo meglio nel preparare quello che era considerato il suo piatto forte. Ma mai
avrebbe immaginato di ricevere un encomio solenne proprio da un modenese cosi
celebre e cosi legato alle tradizioni. Un riconoscimento pervenuto dopo tanti
anni di onorato servizio, da quando i nonni Giovanni e Maddalena Braglia nel
1912 avevano iniziato a fare la pasta fresca in quel laboratorio di via Cesare
Costa fornendo inizialmente il banco al mercato di piazza Grande poi tante
famiglie e gastronomie di Modena. C’era stata la Prima Guerra mondiale e poi la
Seconda e quella fucina di tradizione culinaria non aveva mai cessato di
fornire la tavola dei modenesi ne era stata risparmiata dai bombardamenti, ma
dopo la ricostruzione si era ripresa l’attività con più entusiasmo di prima
consegnando tagliatelle, tortellini, lasagne anche nel resto dell’Emilia e in
Toscana, un rito quotidiano fatto di conoscenza delle farine e umidità
dell’aria
, di rigore nella scelta delle materie prime e di esperienza nel
tastare la pasta con le mani per definirne la qualità, dettagli e sfumature di
un mestiere antico trasmesso di padre in figlio da Giovanni a Werther, fino a
Mario, classe 1944 che rappresenta l’ultima generazione e le ha portate con sé
sapendo farne tesoro insieme alla moglie Noemi, fino a un mese e qualche giorno
fa quando proprio allo scadere dei cento anni dalla fondazione ha  cessato l’attività. Braglia è un cognome
illustre che riporta alla mente il campione olimpionico degli anelli a cui è
intitolato lo stadio della città, nessuna parentela con questo artigiano del
gusto che può dirsi altrettanto appagato dalla reputazione acquisita sul campo,
e dopo un lustro con le mani in pasta è lecito guardarsi indietro ricordando
i  tanti volti delle persone comuni che
sono passati in quel negozio, e di quella volta che i suoi sopraffini ravioli
di ricotta, carne, spinaci e Parmigiano, finirono a tavola in Vaticano per la
gioia di vescovi e cardinali. 
Pubblicato sul Resto del Carlino febbraio 2013

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