Manie, abitudini e riti
nel mondo food
di
Eleonora Cozzella
Eleonora Cozzella
by Espresso Food & Wine
Dal
coltellino-feticcio di Pierangelini al caffè americano di Bottura, dai cucchiai
di Cristina Bowerman alle scarpe di Davide Oldani, mangiare, cucinare,
degustare e tutte le azioni legate al cibo hanno spesso una componente rituale.
E ciascuno ha i suoi piccolissimi riti personali. Piccole manie, quasi tic, che
accompagnano gesti quotidiani del bere e del mangiare. Grandi chef, gourmet e
food writer ci svelano i loro
coltellino-feticcio di Pierangelini al caffè americano di Bottura, dai cucchiai
di Cristina Bowerman alle scarpe di Davide Oldani, mangiare, cucinare,
degustare e tutte le azioni legate al cibo hanno spesso una componente rituale.
E ciascuno ha i suoi piccolissimi riti personali. Piccole manie, quasi tic, che
accompagnano gesti quotidiani del bere e del mangiare. Grandi chef, gourmet e
food writer ci svelano i loro
Ognuno ha le sue, anche in modo
inconsapevole. Sono manie grandi e piccole, che ci accompagnano ogni giorno dal
caffè del mattino (e già qui i riti sono numerosissimi: americano, espresso,
moka?) al cocktail after dinner. Siamo andati alla ricerca delle abitudini più
o meno rituali di chef, produttori e appassionati dell’universo
dell’enogastronomia. Per cominciare in ordine cronologico, ecco chi ci ha
confidato come inizia la giornata.
inconsapevole. Sono manie grandi e piccole, che ci accompagnano ogni giorno dal
caffè del mattino (e già qui i riti sono numerosissimi: americano, espresso,
moka?) al cocktail after dinner. Siamo andati alla ricerca delle abitudini più
o meno rituali di chef, produttori e appassionati dell’universo
dell’enogastronomia. Per cominciare in ordine cronologico, ecco chi ci ha
confidato come inizia la giornata.
Massimo
Bottura, chef della
Francescana di Modena,
racconta il suo vero e proprio rito del caffè: molto lungo,
“americano”, che deve sempre portare con sé per la prima parte della
mattina, quando sta per casa. “È un modo di farmi tenere compagnia, porto
la mia tazza ovunque mi muova per casa, in qualunque stanza. Se scelgo un disco,
se prendo un libro, se mi siedo in poltrona, ogni gesto è abbinato a un sorso.
Mi carico per la giornata, come se al caffè lungo corrispondesse una
concentrazione lunga. Quando sono pronto per uscire di casa, ecco gli ultimi
sorsi, ormai del tutto freddi”.
Bottura, chef della
Francescana di Modena,
racconta il suo vero e proprio rito del caffè: molto lungo,
“americano”, che deve sempre portare con sé per la prima parte della
mattina, quando sta per casa. “È un modo di farmi tenere compagnia, porto
la mia tazza ovunque mi muova per casa, in qualunque stanza. Se scelgo un disco,
se prendo un libro, se mi siedo in poltrona, ogni gesto è abbinato a un sorso.
Mi carico per la giornata, come se al caffè lungo corrispondesse una
concentrazione lunga. Quando sono pronto per uscire di casa, ecco gli ultimi
sorsi, ormai del tutto freddi”.
Andrea
Grignaffini, critico
gastronomico e direttore del magazine Spirito di Vino, dice di avere
poche certezze nella sua vita. Tra queste, il cappuccino come starter della giornata, preferibilmente al bar. Poi
l’acqua ghiacciata frizzante:
“Mi piace anche tenerla nel cestello del ghiaccio al ristorante; anzi mi
chiedo perché non sia abitudine nei locali portarla nella glacette. È inutile
che ti portino una bottiglia fredda all’inizio del pasto per poi farla
riscaldare al tavolo”. Fra i suoi riti anche quello serale. “Tutte le
sere mi preparo una tisana amarissima,
della serie cardo mariano, tarassaco, radice di liquirizia. E poi ci aggiungo
un po’ di miele”.
Grignaffini, critico
gastronomico e direttore del magazine Spirito di Vino, dice di avere
poche certezze nella sua vita. Tra queste, il cappuccino come starter della giornata, preferibilmente al bar. Poi
l’acqua ghiacciata frizzante:
“Mi piace anche tenerla nel cestello del ghiaccio al ristorante; anzi mi
chiedo perché non sia abitudine nei locali portarla nella glacette. È inutile
che ti portino una bottiglia fredda all’inizio del pasto per poi farla
riscaldare al tavolo”. Fra i suoi riti anche quello serale. “Tutte le
sere mi preparo una tisana amarissima,
della serie cardo mariano, tarassaco, radice di liquirizia. E poi ci aggiungo
un po’ di miele”.
Riti mattutini anche per la coppia della
Chocolate Valley toscana, Cecilia e
Paul De Bondt . Cecilia deve cominciare la giornata con un cappuccino perfetto, che prepara Paul:
“Non posso sbagliare quantità di latte o di schiuma né la temperatura –
confessa – a rischio di subire il suo malumore almeno fino al prossimo
caffè”. Paul, invece, visto che la sua professione è anche la sua vera
passione, mangia un bel pezzo di
cioccolato tutte le mattine prima di cominciare a lavorare. E mette ghiaccio nella birra se non è freddo
abbastanza per il suo gusto.
Chocolate Valley toscana, Cecilia e
Paul De Bondt . Cecilia deve cominciare la giornata con un cappuccino perfetto, che prepara Paul:
“Non posso sbagliare quantità di latte o di schiuma né la temperatura –
confessa – a rischio di subire il suo malumore almeno fino al prossimo
caffè”. Paul, invece, visto che la sua professione è anche la sua vera
passione, mangia un bel pezzo di
cioccolato tutte le mattine prima di cominciare a lavorare. E mette ghiaccio nella birra se non è freddo
abbastanza per il suo gusto.
Siamo ormai in piena giornata ed ecco come
i cuochi vivono cucina e ristorante.
i cuochi vivono cucina e ristorante.
Ciccio
Sultano, del Duomo di
Ragusa,
non smentisce le sue origini: “Beh si sa che la cultura del meridione è
anche una cultura un po’ scaramantica. Nel ristorante ho alcune statuine decorative in ceramica di
Caltagirone. Sono leoncini e altri animali che io tengo con le teste
rigorosamente rivolte verso la porta,
come a far ‘da sentinella’, a scacciare i guai”. Poi il sale: “Ne tengo sempre un po’ in tasca e a poco a poco nel
tragitto dalla porta della cucina fino all’esterno del ristorante, ne spargo in
giro alcuni granelli”. Non possono mancare i peperoncini. Al Duomo sono dappertutto: secchi, freschi,
commestibili o ornamentali: “Sono belli, allegri, colorati e alleati della
fortuna”.
Sultano, del Duomo di
Ragusa,
non smentisce le sue origini: “Beh si sa che la cultura del meridione è
anche una cultura un po’ scaramantica. Nel ristorante ho alcune statuine decorative in ceramica di
Caltagirone. Sono leoncini e altri animali che io tengo con le teste
rigorosamente rivolte verso la porta,
come a far ‘da sentinella’, a scacciare i guai”. Poi il sale: “Ne tengo sempre un po’ in tasca e a poco a poco nel
tragitto dalla porta della cucina fino all’esterno del ristorante, ne spargo in
giro alcuni granelli”. Non possono mancare i peperoncini. Al Duomo sono dappertutto: secchi, freschi,
commestibili o ornamentali: “Sono belli, allegri, colorati e alleati della
fortuna”.
Fulvio
Pierangelini
ha due oggetti irrinunciabili. Il suo grembiule,
ormai famoso, gessato blu a righe bianche. E poi quello che definisce “il
mio coltellino-feticcio“. È un
normale coltello con manico nero comprato tanti anni fa, non ricorda neanche
più dove. “Non è pregiato, né firmato, né ha caratteristiche estetiche
particolari: è solo un coltellino. Non lo affilo mai – dice Pierangelini –
perché è perfetto così e lo porto sempre con me, lo metto in valigia e siccome
non ha un fodero lo ‘chiudo’ con un tappo di sughero sulla punta”.
Pierangelini
ha due oggetti irrinunciabili. Il suo grembiule,
ormai famoso, gessato blu a righe bianche. E poi quello che definisce “il
mio coltellino-feticcio“. È un
normale coltello con manico nero comprato tanti anni fa, non ricorda neanche
più dove. “Non è pregiato, né firmato, né ha caratteristiche estetiche
particolari: è solo un coltellino. Non lo affilo mai – dice Pierangelini –
perché è perfetto così e lo porto sempre con me, lo metto in valigia e siccome
non ha un fodero lo ‘chiudo’ con un tappo di sughero sulla punta”.
Riccardo
Felicetti, ad del Pastificio
Felicetti
di Predazzo in provincia di Trento, ha un suo piccolo rito, che compie solo
quando è solo: “Adoro mangiare la
pasta con il pane. Preferibilmente spaghettoni, con burro parmigiano. Ma
soprattutto, mentre la pasta cuoce, mangio noccioline americane, quelle salate
da aperitivo.
Felicetti, ad del Pastificio
Felicetti
di Predazzo in provincia di Trento, ha un suo piccolo rito, che compie solo
quando è solo: “Adoro mangiare la
pasta con il pane. Preferibilmente spaghettoni, con burro parmigiano. Ma
soprattutto, mentre la pasta cuoce, mangio noccioline americane, quelle salate
da aperitivo.
Bob
Noto, gourmet e grafico famoso per le sue
foto di food, richieste per i libri di grandi chef, racconta che ha l’abitudine
di fotografare tutti pasti che fa al
ristorante, anche se non deve farne servizi. Per questo va al ristorante con
una macchinetta fotografica, ma
questo non ti basta: ciascuna macchinetta ha una batteria di ricambio, nel caso
la prima si scarichi, ma ha anche una seconda macchinetta, in caso la prima si
rompa, e anche questa dotata di batteria di emergenza. Per questo deve
indossare i suoi speciali pantaloni: all’apparenza normali pantaloni, ma dotati
di apposite tasche interne, cucine per contenere tutti suoi accessori. Ma non è
finita qui. Al ristorante sceglie sempre il
tavolo in base alla luce migliore per scattare le foto, anche a costo di
rinunciare a tavoli più comodi e/o in posizioni migliori.
Noto, gourmet e grafico famoso per le sue
foto di food, richieste per i libri di grandi chef, racconta che ha l’abitudine
di fotografare tutti pasti che fa al
ristorante, anche se non deve farne servizi. Per questo va al ristorante con
una macchinetta fotografica, ma
questo non ti basta: ciascuna macchinetta ha una batteria di ricambio, nel caso
la prima si scarichi, ma ha anche una seconda macchinetta, in caso la prima si
rompa, e anche questa dotata di batteria di emergenza. Per questo deve
indossare i suoi speciali pantaloni: all’apparenza normali pantaloni, ma dotati
di apposite tasche interne, cucine per contenere tutti suoi accessori. Ma non è
finita qui. Al ristorante sceglie sempre il
tavolo in base alla luce migliore per scattare le foto, anche a costo di
rinunciare a tavoli più comodi e/o in posizioni migliori.
Emanuele
Scarello, del ristorante
“Agli Amici” di Godia (Ud),
invece impazzisce se non sa
esattamente che minuto e che ora è. Non inizia la giornata se non ha al
polso l’orologio “perché mi sembrerebbe di non poter controllare il
tempo”. Il servizio al ristorante sarebbe impensabile senza il mio
orologio al polso.
Scarello, del ristorante
“Agli Amici” di Godia (Ud),
invece impazzisce se non sa
esattamente che minuto e che ora è. Non inizia la giornata se non ha al
polso l’orologio “perché mi sembrerebbe di non poter controllare il
tempo”. Il servizio al ristorante sarebbe impensabile senza il mio
orologio al polso.
A proposito di tempo, Alberto Cauzzi, appassionato gourmet e blogger, ha una mania
un po’ particolare… “Controllo in maniera quasi ossessiva quanto tempo
intercorre tra un piatto e l’altro al ristorante. Guardo sempre l’orologio per vedere qual è l’intervallo di tempo
con cui viene effettuato il servizio. Per me quello perfetto è di 15 minuti tra
l’uscita di un piatto e quello successivo. Non molti locali, anche tra i
blasonati, sanno tenere questo ritmo”.
un po’ particolare… “Controllo in maniera quasi ossessiva quanto tempo
intercorre tra un piatto e l’altro al ristorante. Guardo sempre l’orologio per vedere qual è l’intervallo di tempo
con cui viene effettuato il servizio. Per me quello perfetto è di 15 minuti tra
l’uscita di un piatto e quello successivo. Non molti locali, anche tra i
blasonati, sanno tenere questo ritmo”.
Cristina
Bowerman dell’Hostaria
Glass di Roma,
ha una passione, un affetto per i suoi speciali cucchiai quadrati: “A
volte per questo mi prendono anche un po’ in giro, perché non posso cucinare
senza. Sono un po’ più grandi del normale e hanno al posto dell’usuale
arrotondamento, una forma un po’ squadrata. Devo averli schierati davanti a me,
a portata di mano prima del servizio. Se mi vogliono fare uno scherzo, dicono
che non li trovano. E poi il mio elemento rituale: il servizio non comincia se non ho uno strofinaccio pulito
appoggiato sulla spalla destra”.
Bowerman dell’Hostaria
Glass di Roma,
ha una passione, un affetto per i suoi speciali cucchiai quadrati: “A
volte per questo mi prendono anche un po’ in giro, perché non posso cucinare
senza. Sono un po’ più grandi del normale e hanno al posto dell’usuale
arrotondamento, una forma un po’ squadrata. Devo averli schierati davanti a me,
a portata di mano prima del servizio. Se mi vogliono fare uno scherzo, dicono
che non li trovano. E poi il mio elemento rituale: il servizio non comincia se non ho uno strofinaccio pulito
appoggiato sulla spalla destra”.
Ancora un cucchiaio, ci porta in Campania, al Don Alfonso dove Ernesto Iaccarino,
a parte l’immancabile cucchiaio nel taschino, semplice e sempre lo stesso che
ha dalla prima volta che entrò in cucina, osserva un particolare rito, una
piccola tortura. “Cerco di arrivare al servizio digiuno, proprio avendo
fame, voglio stare ai fornelli con la
fame. Mi sembra quasi che mi dia una predisposizione migliore per
assaggiare i piatti che devono uscire ai tavoli. È come se cucinassi con il
desiderio di mangiare”.
a parte l’immancabile cucchiaio nel taschino, semplice e sempre lo stesso che
ha dalla prima volta che entrò in cucina, osserva un particolare rito, una
piccola tortura. “Cerco di arrivare al servizio digiuno, proprio avendo
fame, voglio stare ai fornelli con la
fame. Mi sembra quasi che mi dia una predisposizione migliore per
assaggiare i piatti che devono uscire ai tavoli. È come se cucinassi con il
desiderio di mangiare”.
Andrea
Mattei del ristorante
magnolia del Byron
è un maniaco della preparazione al ‘pass’. “Potrebbe sembrare una cosa
normale, spiega, perché tutti i cuochi devono avere in ordine la loro
postazione di lavoro. Ma per me è proprio una mania: olio, sale e tutti gli altri elementi che si aggiungono alla fine
del piatto, sono come elementi di un rito e devono essere in un ordine
specifico. I ragazzi in cucina mi prendono in giro per questo. Lo stesso ordine
maniacale è richiesto nel magazzino: tutti barattoli devono essere rivolti con
le etichette nella stessa direzione e alla stessa altezza, in modo da essere
girati e aperti allo stesso modo. E prima
di cominciare il servizio un caffè ristretto“.
Mattei del ristorante
magnolia del Byron
è un maniaco della preparazione al ‘pass’. “Potrebbe sembrare una cosa
normale, spiega, perché tutti i cuochi devono avere in ordine la loro
postazione di lavoro. Ma per me è proprio una mania: olio, sale e tutti gli altri elementi che si aggiungono alla fine
del piatto, sono come elementi di un rito e devono essere in un ordine
specifico. I ragazzi in cucina mi prendono in giro per questo. Lo stesso ordine
maniacale è richiesto nel magazzino: tutti barattoli devono essere rivolti con
le etichette nella stessa direzione e alla stessa altezza, in modo da essere
girati e aperti allo stesso modo. E prima
di cominciare il servizio un caffè ristretto“.
Paolo
Parisi, un produttore di
eccellenti carni
suine e bovine in Toscana, ogni tanto va a caccia e ha un piccolo segreto
propiziatorio: “Non sono uno superstizioso – dice – ma siccome il mio
primo cinghiale l’ho preso in una giornata in cui faceva molto caldo e
indossavo un costume da bagno con le Birkenstoch, adesso quando vado a caccia, anche se ovviamente sono vestito in modo apparentemente
normale, come biancheria intima indosso
il costume da bagno e ai piedi Birkenstock“.
Parisi, un produttore di
eccellenti carni
suine e bovine in Toscana, ogni tanto va a caccia e ha un piccolo segreto
propiziatorio: “Non sono uno superstizioso – dice – ma siccome il mio
primo cinghiale l’ho preso in una giornata in cui faceva molto caldo e
indossavo un costume da bagno con le Birkenstoch, adesso quando vado a caccia, anche se ovviamente sono vestito in modo apparentemente
normale, come biancheria intima indosso
il costume da bagno e ai piedi Birkenstock“.
Restando in tema di calzature, Davide Oldani del D’O di Cornaredo,
non inizierebbe mai il suo servizio se le
scarpe non fossero perfettamente in
ordine. Addirittura lucidate, se si tratta di scarpe in pelle. “Quella
delle scarpe – racconta – è una mania (ne
ho 80 paia) che ho anche da quando giocavo a calcio. Dopo la partita le
lavavo con cura, le lasciarlo asciugare e quando erano arrivate al giusto grado
di umidità, quindi asciutte ma non secche, le portavo a far mettere il grasso.
Sono sempre stato fissato con le scarpe: all’epoca avevo le prime DIadora
firmate, quelle di Roberto Bettega per intenderci. E adesso ho delle Nike
personalizzate D’O, su misura, di cui sono fiero, ne vado pazzo. Avere le scarpe pulite in ordine e
comode mi fanno sentire a mio agio mi danno sicurezza per lavorare
meglio”.
non inizierebbe mai il suo servizio se le
scarpe non fossero perfettamente in
ordine. Addirittura lucidate, se si tratta di scarpe in pelle. “Quella
delle scarpe – racconta – è una mania (ne
ho 80 paia) che ho anche da quando giocavo a calcio. Dopo la partita le
lavavo con cura, le lasciarlo asciugare e quando erano arrivate al giusto grado
di umidità, quindi asciutte ma non secche, le portavo a far mettere il grasso.
Sono sempre stato fissato con le scarpe: all’epoca avevo le prime DIadora
firmate, quelle di Roberto Bettega per intenderci. E adesso ho delle Nike
personalizzate D’O, su misura, di cui sono fiero, ne vado pazzo. Avere le scarpe pulite in ordine e
comode mi fanno sentire a mio agio mi danno sicurezza per lavorare
meglio”.
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