Il primato delle
crescentine a Montorso
crescentine a Montorso
di Luca Bonacini
Alla
gente di montagna è riconosciuta una tempra fuori dal comune, forse attribuita
dalla capacità di sopravvivere nel corso dei secoli in luoghi talvolta impervi
e dalle severe condizioni climatiche, in compagnia addirittura di lupi famelici
e grossi orsi, a dar retta alla leggenda che circola sulla nascita dell’antico
borgo di Montorso. Non c’è da stupirsi se è dall’orso dunque che sembra derivi
il toponimo di questo minuscolo e panoramico paese della nostra montagna, posato
sui cucuzzoli che oggi circondano e che un tempo difendevano la conca di
Pavullo. Una selvaggina oggi fortunatamente protetta, che allora era reperibile
e alquanto prelibata, e racconti epici sulla vecchia Modena narrano che fino
alla fine dell’800 davanti allo storico caffè Molinari (allora anche
ristorante), quando veniva cucinata la carne di orso, ne venisse appesa la
pelliccia davanti all’ingresso. Un piccolo borgo dicevamo, saldamente legato
alle tradizioni, nel quale tutto ricorda padre Berardo Rossi, uno dei suoi
figli recentemente scomparso, co fondatore dell’Antoniano, e animatore non solo
spirituale della vita sociale di Montorso. Qui la devozione popolare, si fonde
con la storia, con il sacro e con la gastronomia e forse la leggenda che le
prime crescentine siano state preparate qui, non è cosi lontana dalla realtà,
come testimoniano le famose pietre utilizzate per la cottura, chiamate tigelle,
donate dalle famiglie più antiche del paese, che riportano la data 1695 e ornano
il pilastro che regge l’altare maggiore, della ultra centenaria pieve dedicata
a Santa Margherita d’Antochia.
gente di montagna è riconosciuta una tempra fuori dal comune, forse attribuita
dalla capacità di sopravvivere nel corso dei secoli in luoghi talvolta impervi
e dalle severe condizioni climatiche, in compagnia addirittura di lupi famelici
e grossi orsi, a dar retta alla leggenda che circola sulla nascita dell’antico
borgo di Montorso. Non c’è da stupirsi se è dall’orso dunque che sembra derivi
il toponimo di questo minuscolo e panoramico paese della nostra montagna, posato
sui cucuzzoli che oggi circondano e che un tempo difendevano la conca di
Pavullo. Una selvaggina oggi fortunatamente protetta, che allora era reperibile
e alquanto prelibata, e racconti epici sulla vecchia Modena narrano che fino
alla fine dell’800 davanti allo storico caffè Molinari (allora anche
ristorante), quando veniva cucinata la carne di orso, ne venisse appesa la
pelliccia davanti all’ingresso. Un piccolo borgo dicevamo, saldamente legato
alle tradizioni, nel quale tutto ricorda padre Berardo Rossi, uno dei suoi
figli recentemente scomparso, co fondatore dell’Antoniano, e animatore non solo
spirituale della vita sociale di Montorso. Qui la devozione popolare, si fonde
con la storia, con il sacro e con la gastronomia e forse la leggenda che le
prime crescentine siano state preparate qui, non è cosi lontana dalla realtà,
come testimoniano le famose pietre utilizzate per la cottura, chiamate tigelle,
donate dalle famiglie più antiche del paese, che riportano la data 1695 e ornano
il pilastro che regge l’altare maggiore, della ultra centenaria pieve dedicata
a Santa Margherita d’Antochia.
La gastronomia tradizionale è fortemente
permeata nel tessuto sociale e grazie a ricette secolari, le crescentine,
quell’antico e prelibato cibo che un tempo nelle campagne dava il via alla
giornata e che le donne cuocevano con pazienza alle prime luci dell’alba,
vengono ancora preparate con la stessa perizia da un gruppo di volontari
itinerante, che le porta nelle sagre e nelle feste. E’ molto sentita la
devozione verso San Vincenzo Ferreri protettore delle campagne e contro gli
incendi, che transitò con il suo somarello per queste montagne intorno al 1400,
proveniente dalla Spagna e diretto a Roma, a cui si ricorse per scongiurare
l’epidemia di colera del 1855, ricordato tutti gli anni, tra l’ultima decade di
luglio e la prima di agosto, nell’attesa sagra di Montorso. Una data che molti
segnano in agenda per il clima amichevole e conviviale, le sfide sportive, e
sopratutto la buona cucina, dispensata in golosi stand con crescentine,
borlenghi e specialità montanare.
permeata nel tessuto sociale e grazie a ricette secolari, le crescentine,
quell’antico e prelibato cibo che un tempo nelle campagne dava il via alla
giornata e che le donne cuocevano con pazienza alle prime luci dell’alba,
vengono ancora preparate con la stessa perizia da un gruppo di volontari
itinerante, che le porta nelle sagre e nelle feste. E’ molto sentita la
devozione verso San Vincenzo Ferreri protettore delle campagne e contro gli
incendi, che transitò con il suo somarello per queste montagne intorno al 1400,
proveniente dalla Spagna e diretto a Roma, a cui si ricorse per scongiurare
l’epidemia di colera del 1855, ricordato tutti gli anni, tra l’ultima decade di
luglio e la prima di agosto, nell’attesa sagra di Montorso. Una data che molti
segnano in agenda per il clima amichevole e conviviale, le sfide sportive, e
sopratutto la buona cucina, dispensata in golosi stand con crescentine,
borlenghi e specialità montanare.