La cantina Vezzelli. Quel lambrusco della golena, che sa di viola
di Luca Bonacini
La
posizione dei vigneti, il microclima, e soprattutto il particolare terreno
golenale dalla ricchezza organica straordinaria, frutto delle periodiche esondazioni
del fiume Secchia, sono il segreto del successo del lambrusco Vezzelli. Una
cantina che rappresenta una delle più interessanti espressioni vitivinicole del
panorama modenese, fondata nel 1958 da Delmo Vezzelli insieme al figlio
Francesco, allora ventiquattrenne, e oggi guidata da Roberto, la terza
generazione. La sede è in via Canaletto, in un luogo particolarmente caro ai
modenesi, proprio dove fino a pochi anni fa sorgeva la trattoria Tettoia, di
cui oggi rimane la stessa ampia pensilina che un tempo proteggeva sedie e
tavolini, e consentiva ai molti avventori di godere delle migliori tagliatelle
al ragù della città. 130.000 bottiglie all’anno che grazie alla passione dei
Vezzelli, e alla particolare fertilità e potenza di quel terreno golenale
chiamato dai modenesi “saldein”, esprime con la cuvèe “Selezione” la
quintessenza del Sorbara, certo, è una lavorazione più faticosa, le vigne
vivono in simbiosi con il fiume, e sono in balìa delle esondazioni, divenute
ormai frequentissime, quando invece nei primi dieci anni di attività erano
state solamente tre, un terreno che ricevendo continuamente limo e detriti, si
è alzato di ben 1 metro in
circa vent’anni.
posizione dei vigneti, il microclima, e soprattutto il particolare terreno
golenale dalla ricchezza organica straordinaria, frutto delle periodiche esondazioni
del fiume Secchia, sono il segreto del successo del lambrusco Vezzelli. Una
cantina che rappresenta una delle più interessanti espressioni vitivinicole del
panorama modenese, fondata nel 1958 da Delmo Vezzelli insieme al figlio
Francesco, allora ventiquattrenne, e oggi guidata da Roberto, la terza
generazione. La sede è in via Canaletto, in un luogo particolarmente caro ai
modenesi, proprio dove fino a pochi anni fa sorgeva la trattoria Tettoia, di
cui oggi rimane la stessa ampia pensilina che un tempo proteggeva sedie e
tavolini, e consentiva ai molti avventori di godere delle migliori tagliatelle
al ragù della città. 130.000 bottiglie all’anno che grazie alla passione dei
Vezzelli, e alla particolare fertilità e potenza di quel terreno golenale
chiamato dai modenesi “saldein”, esprime con la cuvèe “Selezione” la
quintessenza del Sorbara, certo, è una lavorazione più faticosa, le vigne
vivono in simbiosi con il fiume, e sono in balìa delle esondazioni, divenute
ormai frequentissime, quando invece nei primi dieci anni di attività erano
state solamente tre, un terreno che ricevendo continuamente limo e detriti, si
è alzato di ben 1 metro in
circa vent’anni.
Tanti gli accorgimenti messi in campo per difendersi dal fiume che qualche
volta fa paura, ad esempio occorre contrastare il rischio di “soffocamento”,
quando l’acqua ristagna qualche giorno e una volta andata via, lascia il
terreno duro come la roccia, imprigionando la radice della vite, tanta cura e tanto
lavoro, che hanno permesso in questi anni di non perdere mai un’annata. I
clienti abituali dimostrano di essersi affezionati a quel lambrusco, chiaro,
con una schiuma rotonda e garbata, minerale, di elevata acidità, che sa di
viola, e ve ne sono alcuni che malgrado la veneranda età di 103 anni,
continuano a venire, per riempire il baule di buone bottiglie di lambrusco. Un
percorso alla ricerca della qualità che non ha fatto mancare i riconoscimenti, nel
corso degli anni sono arrivati l’Oscar Slow Wine, qualità-prezzo; buoni
piazzamenti al Concorso annuale Matilde di Canossa, e sulla guida Merum, ma
soprattutto è stato sfiorato per tre anni l’ambito riconoscimento “Tre
bicchieri”, attribuito dalla Guida Vini Gambero Rosso; mentre proprio in questi
giorni è arrivato particolarmente gradito: il premio La Bonissima, giunto alla
XVII edizione, attribuito a Francesco Vezzelli dal Rotary Club di Modena.
volta fa paura, ad esempio occorre contrastare il rischio di “soffocamento”,
quando l’acqua ristagna qualche giorno e una volta andata via, lascia il
terreno duro come la roccia, imprigionando la radice della vite, tanta cura e tanto
lavoro, che hanno permesso in questi anni di non perdere mai un’annata. I
clienti abituali dimostrano di essersi affezionati a quel lambrusco, chiaro,
con una schiuma rotonda e garbata, minerale, di elevata acidità, che sa di
viola, e ve ne sono alcuni che malgrado la veneranda età di 103 anni,
continuano a venire, per riempire il baule di buone bottiglie di lambrusco. Un
percorso alla ricerca della qualità che non ha fatto mancare i riconoscimenti, nel
corso degli anni sono arrivati l’Oscar Slow Wine, qualità-prezzo; buoni
piazzamenti al Concorso annuale Matilde di Canossa, e sulla guida Merum, ma
soprattutto è stato sfiorato per tre anni l’ambito riconoscimento “Tre
bicchieri”, attribuito dalla Guida Vini Gambero Rosso; mentre proprio in questi
giorni è arrivato particolarmente gradito: il premio La Bonissima, giunto alla
XVII edizione, attribuito a Francesco Vezzelli dal Rotary Club di Modena.
Pubblicato su QN Resto del Carlino – giugno 2014