E’ un brutto quarto d’ora di cui faremo volentieri a meno, ma a cui non possiamo proprio sottrarci, è strettamente connesso alla paura atavica dell’ignoto e arriva inesorabile quando siamo in apprensione per una persona cara che è in ritardo o siamo in attesa di una notizia che potrebbe essere nefasta. Uno stato d’animo ‘…che ti blocca la gola e il respiro…’, e in Emilia si chiama magone. Poco considerato dalla Treccani, snobbato dall’Accademia della crusca, rivalutato dal Tommaseo, è tanto difficile da decodificare, quanto intimo e vero, ma affratella tutti noi e non da oggi. Emozioni fortissime, spesso dolorose, che speriamo durino poco e che viceversa, quando sono legate al ricordo, alla nostalgia e a momenti belli che sappiamo non torneranno, ci trasmettono vibrazioni positive. Rimpianto e ricordo, che i brasiliani chiamano saudade e Dante Alighieri riuscì a descrivere così bene nel canto VIII del Purgatorio, un sentimento che pervade gli scrittori e i musicisti emiliani, Antonio Delfini, Pier Vittorio Tondelli, Daniele Benati, Francesco Guccini e accomuna ‘chi fatica a trovarsi a casa nel mondo, chi vuole andarsene dal paesello perché troppo piccolo, ma che vuole sempre farvi ritorno…’. Un sentimento nobile, con cui dobbiamo fare i conti fin dalla tenera età, che ci fa preoccupare e quando passa tiriamo un respiro di sollievo, ma anche un tempo sospeso che diventa rifugio e che lo scrittore modenese Roberto Franchini ha raccontato magistralmente, dosando delicatezza e ironia, nel volume ‘Magone, Declinazioni di uno stato d’animo’ – Oligo Editore, in libreria da qualche settimana. Una ricerca storica ed etimologica ampia, tra storia, letteratura e musica, con esperienze personali, riflessioni argute e contributi di autori del calibro di Folengo, Baudelaire, Levi, Bocca, Fò, Monelli, Bassani, Bacchelli, Borges, De Moraes, Kundera. Una lettura ad alto tasso di piacevolezza che ci fa riflettere e ci lascia più pronti ad affrontare il prossimo magone che verrà.

di Luca Bonacini