Sfogliare l’annuario dell’Accademia Italiana della Cucina 1968, è un viaggio nel tempo e nel gusto, alla scoperta delle insegne epiche che punteggiarono il Belpaese in quegli anni. Lo conservo con cura, me lo regalò Giancarlo Benatti, un modenese autentico, tanto innamorato della sua città, da preoccuparsi di telefonare in Comune, se si accorgeva di un marciapiede da riparare o di una buca in strada da riempire. L’uscita dell’autorevole pubblicazione annuale era attesissima dal mondo della ristorazione che con trepidazione voleva leggere i pareri dei membri dell’Accademia fondata da Orio Vergani e Dino Buzzati all’Hotel Diana di Milano nel 1953, confidando in un esito positivo. Le prime cinquanta pagine valgono oro e raccontano delle tradizioni culinarie non solo italiane, con un capitolo che parla del Cibo nella Bibbia; un altro di pizza e ossobuco; un altro della ristorazione veneziana; un altro ancora della cucina dei marinai abruzzesi, a cui si affiancano i ristoranti consigliati delle diverse regioni d’Italia. Un vero e proprio testo di archeologia culinaria, che risale a mezzo secolo fa, dove i nomi buoni ci sono proprio tutti e ogni regione è descritta nel dettaglio, a partire dall’Emilia, con un capitolo a parte sulla Romagna. Descritta magistralmente dagli autori, Modena viene qualificata come ‘il regno degli insaccati e del lambrusco’, da portarsi a casa assolutamente rifornendosi alle salumerie geminiane Fini e Giusti, ma non senza aver cenato in uno dei ristoranti di primordine menzionati nel testo: Fini, Oreste, Baia del re, Annunciata, Aicardi. Il resto dell’Emilia è altrettanto ben raccontato. A Bologna c’era il Cantounzein, che nove anni dopo sarà devastato e incendiato durante i cortei di piazza, Rodrigo (aperto tutta notte), il Pappagallo (dove cenò Alfred Hitchcock), il Diana, la Cesarina, Cesari (dove pranzava il pittore Giorgio Morandi). A Bondeno Tassi; a Sant’Agostino Da Rosa; a Reggio il Girarrosto, Cinque Pini, Campana; a Rubiera Arnaldo (tra i preferiti da Enzo Ferrari); a Samboseto Cantarelli (dove andò Robert De Niro); a Soragna la Locanda del lupo (che piaceva a Guareschi).
di Luca Bonacini
Pubblicato su QN nel novembre 2021