Nel 1942 a Partsch, nella Prussia Orientale, 15 donne ogni mattina vengono prelevate nelle loro abitazioni dalle SS per essere scortate alla Tana del Lupo, uno dei rifugi segreti di Hitler. Scopriranno presto cosa le attende. Un rituale macabro che si ripete ogni giorno dalle 11 alle 12 e le obbliga ad assaggiare i cibi destinati a Hitler per scongiurare eventuali avvelenamenti, un letale e involontario contributo al Terzo Reich che le imprigionerà accanto al fuhrer fino al termine del conflitto. Tra di esse c’è Margot Wölk, una berlinese da sempre contraria al nazismo, l’unica che sopravviverà e potrà raccontare quegli anni agghiaccianti, ma lo farà solamente a 96 anni rilasciando un’intervista poco prima di morire (nel 2014). Costrette a rischiare la vita per il fuhrer si ciberanno di piatti a base di verdure, senza mai vederlo di persona, ben sapendo che ogni giorno può essere l’ultimo. Le portate sono precedute da una crisi di pianto, le ragazze sono obbligate a terminare fino all’ultimo boccone e alla fine del pasto si piange ancora, ma questa volta di gioia perché sono vive. E invece non è finita, si deve attendere ancora un ora che la digestione faccia il suo corso per poter essere davvero certi che non vi sia più pericolo. A quel punto se non è accaduto nulla le SS possono consegnare il pasto a Hitler. Andrà avanti così fino al 1945 quando poco prima dell’arrivo dei Russi, Margot, aiutata da un tenente tedesco riesce a prendere un treno per Berlino che le salverà la vita. Tuttavia il destino si accanirà ancora con la giovane che una volta giunta nella capitale in subbuglio, per quindici giorni insieme ad altre donne, viene perseguitata e violentata dai Russi. Una drammatica odissea che si concluderà solamente nel ’46, quando riuscirà a ricongiungersi con il marito Karl, dato per disperso al fronte. Nutrirsi sotto la minaccia delle armi, sapendo di contribuire al perpetrarsi del male assoluto, una storia vera che ci riporta all’orrore del secondo conflitto mondiale, raccontata nel libro ‘Le assaggiatrici’, di Rosella Postorino (Premio Campiello 2018).
di Luca Bonacini