Abbandonata la via Emilia, dopo pochi chilometri di fertile campagna eccoci a Sacerno. Argini erbosi proteggono lo scorrere placido del fiume Lavino, dove Ottaviano Augusto, Marco Antonio e Marco Emilio Lepido, nel 43 a.C. si spartirono le province del dominio romano, per dare vita al Secondo Triumvirato. Siamo all’Antica trattoria di Sacerno dove negli anni ’50, quando l’acqua dei fossi era altra cosa, si cucinavano rane e lumache, e oggi si prepara una delle migliori cucine di pesce del bolognese. Nelle cinque o sei gestioni che si sono succedute dal Dopoguerra, il pesce è stata sempre la materia prima principe, e anche oggi lo è per lo chef Dario Picchiotti, arrivato nel 2010 insieme alla compagna Giada Berri, e al papà Giorgio, dopo essere stato per anni cliente affezionato. “Dopo aver girato vari locali, volevo decidere della mia vita e dei miei piatti – afferma Dario – e creare qualcosa di mio”. La teoria l’ha imparata all’Alberghiera di Castel San Pietro, la pratica, da Iginio Garramone alla Locanda della Colonna di Tossignano, alla Franceschetta 58 di Modena, da Leonardo Darelli al Carlton di Bologna, “un’autodidatta fuori dagli schemi”, si autodefinisce e la sua cucina con una particolare predilezione per i crudi, è contemporanea e lieve nel rileggere i piatti di ieri, senza per questo stravolgerli, anche grazie alla preziosa collaborazione di Mario Solomita, sous chef diventato socio appena dimostrato il suo valore.
L’esperienza è di quelle che si ricordano. Una cucina matura che sa essere delicata e potente, dominata dal pesce in tutte le sue più ampie espressioni, che arriva solo dai più coscienziosi fornitori delle zone maggiormente vocate, Chioggia, Cesenatico, Sardegna, Sicilia, Puglia, lavorato con rispetto e rara padronanza delle tecniche. E all’ora ecco l’ostrica al cubo; la ricciola trifolata; la granseola risina e asparagi; lo sgombro, mela, ricotta di pecora e cipolla; le seppioline cime di rapa e ricci; le moeche con polenta e limone; il raviolo di farro arso, salmerino e caviali; gli spaghetti alla chitarra di Carla Latini con briciole di mare; l’anguilla radicchio e brodo all’orzo. La cantina merita un capitolo a parte con 400 etichette e notevoli profondità, quale sia la bottiglia che meglio si sposa ai piatti è appannaggio di Giada Berri, sommelier figlia d’arte, a suo agio fra i grandi Borgogna, i Bordeaux, e i migliori champagne, con una particolare predilezione per Krug, di cui Sacerno è una delle poche Krug Ambassade italiane. Calcata la soglia, lasciatevi guidare da Dario e Giada, ne varrà davvero la pena.
di Luca Bonacini
Pubblicato su QN Resto del Carlino – Marzo 2016
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Due persone a modo, amici cari . È bastata la prima volta, cuoco capace; sognatore ed visionario. Vvb
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bravi!! ciaoooo
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