Sudore, fatica, odore di palestra e risultati strappati dopo interminabili allenamenti, ma anche cadute e ripartenze di una vicenda umana che emoziona e scuote profondamente, punteggiano la storia di Alberto Braglia, prima rendendoti orgoglioso di essere nato in questa città e di essere italiano e poi facendoti commuovere per l’amaro epilogo. E’ stato il più grande ginnasta dell’epoca moderna, l’unico a vincere tre medaglie d’oro in due edizioni olimpiche come atleta e a replicare nelle vesti di tecnico federale, imbattuto in un decennio di competizioni internazionali. Poverissimo, balbuziente, garzone panettiere di giorno e atleta di sera, affinerà la sua tecnica allenandosi in un fienile fino a cogliere il primo successo nel 1906 alle Olimpiadi di Atene, podio che il re Vittorio Emanuele, su sua richiesta, premierà con un posto da facchino alla manifattura tabacchi. «Dica Braglia, cosa posso fare per lei, voglio sdebitarmi a nome degli Italiani » disse il Re. «Maestà, vorrei un posto da operaio alla Manifattura Tabacchi » risposi. Il successo di Londra due anni dopo confermerà la cifra stilistica del ginnasta, ma una volta tornato in patria, non avendo di che mantenersi ma tanto abile da riuscire a fare la verticale su un dito, lavorerà in una compagnia di saltimbanchi che gli varrà una squalifica. Riabilitato a furor di popolo, nel 1912 parteciperà alle Olimpiadi di Stoccolma, cogliendo un trionfo di tali dimensioni, che la vittoria sarà assegnata senza punti. Secondo i giudici qualunque valutazione numerica avrebbe sminuito la prestazione dell’atleta: “Noi uomini non possiamo giudicare questo campione”. Vedrà morire suo figlio, conoscerà la depressione e nel Dopoguerra finirà a chiedere l’elemosina, concludendo la sua vita come custode dei locali della Panaro, che aveva sempre servito fedelmente, spegnendosi nel 1954. Due anni dopo ne verrà riconosciuta la grandezza e gli verrà intitolato lo stadio di Modena, uno dei rari casi di uno stadio che non porta il nome di un calciatore. Una storia avvincente da riscoprire nel volume “Alberto Braglia, l’atleta del re”, a cura del giornalista e scrittore Stefano Ferrari, edito da Minerva. Eccone un estratto: “Alberto Braglia (Modena, 23 aprile 1883 – Modena, 5 febbraio 1954), è stato il più grande ginnasta italiano, l’unico capace di vincere l’oro in almeno due diverse edizioni olimpiche da atleta, di ripetersi da allenato-re, di essere protagonista nelle edizioni sperimentali a cinque cerchi, di uscire imbattuto per un decennio dalle competizioni internazionali. Pioniere della tecnica sul cavallo con maniglie, nella storia della ginnastica solo per Braglia è accaduto che i giudici si siano rifiutati di valutare le prove con i voti, sostituendoli con i giudizi, come “Magnifico”, “Insuperabile”, “Fantastico”, tanta era la sua superiorità. Premiato dai sovrani di tutto il mondo, osannato in ogni angolo del pianeta, Braglia è stato protagonista di una vita leggendaria fatta di ripetute cadute e rapide riprese”.
di Luca Bonacini
Pubblicato su Qn Resto del Carlino, in versione ridotta nel gennaio 2022.