Cosa ci porta a conservare i biglietti di una mostra o di un concerto? Forse la voglia di preservare un ricordo e renderlo indelebile. Ma c’è anche chi ne ha fatto un hobbies come Patrizio Mazzanti di Nonantola, che ha iniziato con uno o due biglietti e ora ne possiede più di 40.000, buona parte raccolti in un volume edito da Artestampa-Modena. “Il collezionismo non è un passatempo ma un arte che richiede tempo, risorse e dedizione perché possa diventare patrimonio delle generazioni che verranno” si legge nel volume. Poi la narrazione prende vita e il testo e l’iconografia si snodano fra i primi biglietti della Storia, che all’inizio erano “lettere di presentazione” esibite a Roma nel 1471 per visitare il primo museo a pagamento d’Italia con le antichità donate alla città da Papa Sisto IV. Alla fine del Seicento compaiono i primi ticket inglesi, per visitare uno dei primissimi musei dell’isola l’Ashmolean Museum di Oxford, nascono le Wunderkammer con raccolte principesche e alla fine del ‘700 aprono i musei moderni, gettonatissimi dai viaggiatori del Grand Tour in cerca di monumenti e preziose raccolte private.
“Il puro piacere di trovare qualcosa che ancora non si possiede – afferma Anna Maria Pedretti, docente dell’Università dell’Autobiografia di Anghiari -, la dilettevole scoperta di qualcosa di nuovo, la molla a non fermarsi ma anzi a continuare a cercare, l’attività rilassante di osservare, leggere, interpretare e poi catalogare ciò che si è appena trovato sono tutte espressioni di un’attività salvifica che assorbe completamente e nello stesso tempo permette di avere un’ancora, un punto fermo in mezzo al tumulto caotico e forsennato e pertanto angosciante, del mondo contemporaneo. E’ il gioco, l’attività che abbiamo imparato da bambini e di cui tanto gli psicologi si sono occupati…” Tante le rarità che arricchiscono la pubblicazione, biglietti e pass praticamente di tutti i musei del mondo, conservati come reliquie, ci sono i “notturni” per visitare Pompei nei primi anni ’50, per salire sulle Torri gemelle, sul Rockfeller Center, sulla Tour Eiffel. Biglietti in cartoncino, plastica, bambù, ma anche in vetro con una goccia di birra all’interno per accedere al museo della Guiness di Dublino, e titoli d’ingresso per ammirare la Grande Muraglia cinese, il John Lennon Museum di Tokyo, il Bob Marley Museum in Jamaica. Tra le chicche un raro biglietto del 1827 emesso dal Museo di Storia Naturale di Parigi, per vedere una giraffa catturata in Sudan, era la prima mai giunta in Europa.
di Luca Bonacini
Pubblicato (in versione ridotta) su QN Resto del Carlino – maggio 2019