Franceschetta 58 – l’altro locale di Massimo Bottura – è a poco più di un chilometro dalla Francescana. Un’insegna informale, con uno staff giovane e attento, attraverso il quale scoprire la filosofia e i piatti dell’iridato chef modenese, e lasciarsi guidare dalle proposte di una carta, vivace e accattivante. Un’osteria contemporanea, arredata con un lungo bancone, dove trovano spazio salumi, giardiniere, confetture e formaggi, che invita ad accomodarsi nella zona vetrata che guarda all’esterno, arricchita da elementi vintage, e da una mise en place che al tavolo prevede tovagliette, posate al centro, bicchieri e piatti tutti diversi.
La sala è affidata a Elisa, laureata in progettazione e gestione di attività culturali, con esperienze in teatro, e a Giulia, con studi in architettura, che si sono conosciute proprio alla Franceschetta, e poi sono entrate nello staff. In cucina invece – dopo il felice periodo di Bernardo, che incrociava con successo le influenze della cucina capitolina, modenese e orientale – da otto mesi c’è Francesco, diplomato all’Alberghiera di Serra, con sette anni di esperienza alla Francescana, ultimamente nel ruolo di capo partita ai primi. Un passaggio di consegne graduale tra i due chef, che hanno collaborato insieme fino a dicembre, con la supervisione di Massimo Bottura. Il risultato è una cucina golosa e matura, che percorre il solco della tradizione (superlativi i tortellini in crema di Parmigiano), ma devia felicemente verso l’Oriente, portando sotto la Ghirlandina, piatti che appartengono ad altri mondi e ad altre culture, che non sfigurano per niente accanto ai mostri sacri della cucina modenese e meritano di essere provati per le esecuzioni precise, le cotture accurate e gli accostamenti sempre centrati. Si può propendere per il menu à la carte, o i due menu degustazione “Tradizione in evoluzione” (4 portate), e “I Love Modena” (5 portate), oppure se è ora di pranzo, si può decidere per lo smart lunch. Entusiasmante il Bun (un pane cotto al vapore, tipico coreano, farcito con pancia di maiale); per tornare a casa con l’Emilia burger di Massimo Bottura, un condensato di modenesità, con fetta di cotechino e salsa verde; o la guancia di maiale, aceto balsamico, crema di patate e spinaci saltati; o ancora gli spaghetti con cavolo nero, crema di acciughe e pane croccante al peperoncino; per finire con una rilettura della zuppa inglese; o la sfogliatina, limone e caffè. L’estesa cantina non delude, grazie a Elisa, che propone abbinamenti ben calibrati e vini convenzionali, biologici e biodinamici, che sposano appieno la cucina, anche al calice. Meglio prenotare però, perché non è così facile trovare posto.
di Luca Bonacini
Pubblicato su QN Resto del Carlino – marzo 2018
Crediti immagini: Aldo Girelli, Luca Bonacini