“Questo giovane ragazzo italiano inizia a preoccuparmi”. Fu il commento che pronunciò Alfred Hitchcock, (1899-1980), parlando del giovane Dario Argento, dopo aver visto la proiezione di Profondo Rosso. Il famoso regista lottò tutta la vita per realizzare il film perfetto, per cucinare il piatto più buono, e per mantenere la linea. Le prime due gli riuscirono ampiamente, ma la terza non la realizzò mai, passando dai cento chili, di quando era a dieta, ai centotrenta/centoquaranta sui quali veleggiava abitualmente, per raggiungere punte massime di centosettanta chili. Universalmente riconosciuto come uno dei più grandi registi di tutti i tempi, maestro indiscusso del brivido, iniziò la sua brillante carriera nel 1925 realizzando oltre 50 lungometraggi e producendo circa 300 telefilm, per la televisione , che contribuirono a diffondere la sua notorietà presso ogni pubblico. Oltre a ciò era uno smisurato e raffinato gourmet. Appassionato di cucina aveva sempre il tavolo prenotato in diversi ristoranti del mondo. Ma quella che amava di più era la sua cucina e quella della moglie Alma “la sola cosa che non sappia fare in cucina è spremere l’uva per farne il vino, e preferisco che sia cosi … quello lasciamolo fare ai francesi”.
L’alimento che non doveva mai mancare era la carne, prevalentemente roast beef, e arrosti ma anche bistecche e costolette di agnello, unica variante il pesce, ma solo sogliole di Dover, fatte unicamente alla griglia, che per quasi mezzo secolo si fece spedire per via aerea da Londra, oltre alle abbondanti patate che seguivano ogni piatto, tranne quando era a dieta. Durante un viaggio a Saint Moritz gli prepararono un piatto a base di carne di manzo affumicata, essiccata e tagliata sottile, innaffiata con Apfelwein, un sidro scuro di cui andava pazzo, e che poi si fece mandare una cassa al mese. Sul fronte dei dessert amava il gelato, utilizzandolo anche come rinfresco fra una portata e l’altra. Il suo amore per il cibo gli fece affittare un magazzino dove poter conservare abbondanti scorte di bacon inglese, e le essenziali sogliole di Dover, che si faceva spedire nella sua residenza in California. Party, feste in casa, e cene con amici e collaboratori imposero un ampliamento della cucina dell’abitazione, che al termine dei lavori costò molto di più dell’intera residenza. Alida Valli che venne diretta dal regista nel film Il caso Paradine del ’47 con Gregory Peck, ricorda che nel privato Hitchcok “amava indossare un bianchissimo grembiule, per tagliare e sagomare la carne di manzo con cui preparava il suo roast beef, o per cucinare il suo famoso tacchino farcito con riso, variamente speziato, per celebrare a San Francisco, un favoloso giorno del ringraziamento. Coinvolgeva i suoi ignari ospiti in bizzarre invenzioni culinarie, alcune immangiabili, e noi diventavamo assaggiatori pazienti …” Non gli piaceva proprio tutto, odiava l’aragosta e aveva un’ implacabile idiosincrasia per le uova, talvolta trasferita nei film. In Caccia al ladro del ’55 la madre di Grace Kelly spegne freddamente una sigaretta in un tuorlo, in bella evidenza su un piatto. Poco prima Cary Grant mentre viene inseguito, è mancato per un soffio dal lancio di un uovo crudo, che finisce contro una vetrata. Le stesse uova che da bambino scagliava contro le finestre della residenza dei Gesuiti, salvo poi dichiarare che certamente si era trattato di uccelli. Buona parte dei film di Hitchcok sono entrati di diritto nella storia del cinema, in essi il cibo ha sempre avuto un particolare significato: in Notorious del 1946 si mescolano erotismo e cibo, Cary Grant e Ingrid Bergman flirtano romantici e commentano la cena a base di pollo; in Delitto perfetto del 1954, la scena dell’accoltellamento non piaceva a Hitchcock, e venne girata numerose volte, per le luci : “le forbici che non brillano abbastanza sono come gli asparagi senza la salsa olandese: insipide!”; nel miglior telefilm da lui diretto Lamb to the Slaughter, la moglie del capo della polizia irritata dalla richiesta di divorzio, e presa da uno scatto d’ira, afferra dal congelatore una coscia di agnello, usandola sul coniuge come una clava, sopprimendolo. Poi candidamente cucina l’arma del delitto al forno, e lo serve perfino agli agenti venuti a cercare il corpo del reato. Nel film La finestra sul cortile sono presenti la carne al sangue, una cena servita dal ristorante Club 21 di New York e perfino la detestata aragosta. Alcune volte elargiva gustosi camei, amando comparire in brevi inquadrature dei film girati: in Prigionieri dell’oceano, (1943): è raffigurato su un giornale che pubblicizza gli effetti di una cura dimagrante; in Notorius, (1946): è tra gli invitati della festa nella villa di Sebastian e beve una coppa di champagne. In Io ti salverò, (1945): esce da un ascensore nella hall di un albergo. In Complotto di famiglia, (1976): mostra la sua silhouette nera dietro i vetri dell’ufficio di statistica anagrafica. In Topaz, (1969): è seduto su una carrozzella per invalidi in un aeroporto, poi si alza per salutare un conoscente e cammina. In Il sipario strappato, (1966): si trova nella hall di un albergo, con in braccio un bimbo che gli “bagna” i pantaloni.
di Luca Bonacini
Crediti : Salvatore Gelsi – Tre lune Edizioni 2004 / Luciano Parenti & C. Mantova
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