La Trattoria
Stefani, ritrovo dei poeti
Stefani, ritrovo dei poeti
di Luca Bonacini
L’insegna
di Colombaro dipinta a mano, posta sull’ edificio quasi centenario che ospita
dal 1924 la trattoria Stefani, dichiara con orgoglio i 94 metri d’altitudine, non
è cambiato quasi nulla nell’ultimo secolo, c’è sempre la Pieve Matildica a
proteggere il piccolo paese, e anche la trattoria è sempre la, a giudicare
dalle foto d’epoca che la ritraggono circondata da un gregge di pecore, o presa
di mira dalle acque del vicino torrente Grizzaga, che qualche volta impensierisce. E’ un vero e proprio arvoi,
un punto di sosta ideale, come lo
definirebbero i modenesi più osservanti dell’ idioma geminiano, l’interno è
accogliente e confortevole è c’è un piccolo museo di famiglia, con oggetti
d’epoca, che riportano al passato lontano, quello dei vecchi mestieri. Il menu
descrive i piatti forti del territorio, i tortellini, le tagliatelle, i
tortelloni, le frittelle di baccalà, alcuni ormai scomparsi come gli zampetti
di maiale, le cotenne con i fagioli, i calzagatti. Una cucina tradizionale senza se e senza ma, una proposta
chiara, che attinge alle ricette dei nonni Primo ed Elisa Tonelli, cui si deve
la prima gestione dell’attività quando ancora era una semplice bottega di
alimentari detta budgat, con accanto la
pompa di benzina, dove non c’erano le carte di credito ma i clienti potevano
acquistare segnando nel libretto, e qualche volta pagando il conto in cambio di
un sacco di frumento. Si faceva servizio di osteria, e nel ’34 si ampliarono i
locali raddoppiando la metratura, fino al ’45, quando presero le redini Anna e
Ugo Stefani, cominciando a dedicarsi quasi esclusivamente alla trattoria. Si
sparse la voce di quella cucina vera, e arrivò anche Gino Bartali a cena, dopo
una battuta di caccia. Stefani divenne punto di riferimento, a pranzo i
commessi viaggiatori, le aziende della zona, e chi era di passaggio, a cena le
coppie e le comitive, e alla domenica le gite fuori porta dei modenesi, una
cucina tradizionale che aveva i suoi seguaci, che andavano, e ritornavano, fino
al passaggio di consegne avvenuto gradualmente nei primi anni ’80 con i figli
Marcello e Primo, che rappresentano l’attuale e consolidata gestione. Un luogo oggi
divenuto d’elezione anche per la poesia, al pari dei famosi caffè letterari italiani,
con una saletta dedicata, dove periodicamente si ritrovano artisti, poeti,
letterati, capitanati dal prof Alberto Bertoni, che alla magia di Stefani ha dedicato una poesia.
di Colombaro dipinta a mano, posta sull’ edificio quasi centenario che ospita
dal 1924 la trattoria Stefani, dichiara con orgoglio i 94 metri d’altitudine, non
è cambiato quasi nulla nell’ultimo secolo, c’è sempre la Pieve Matildica a
proteggere il piccolo paese, e anche la trattoria è sempre la, a giudicare
dalle foto d’epoca che la ritraggono circondata da un gregge di pecore, o presa
di mira dalle acque del vicino torrente Grizzaga, che qualche volta impensierisce. E’ un vero e proprio arvoi,
un punto di sosta ideale, come lo
definirebbero i modenesi più osservanti dell’ idioma geminiano, l’interno è
accogliente e confortevole è c’è un piccolo museo di famiglia, con oggetti
d’epoca, che riportano al passato lontano, quello dei vecchi mestieri. Il menu
descrive i piatti forti del territorio, i tortellini, le tagliatelle, i
tortelloni, le frittelle di baccalà, alcuni ormai scomparsi come gli zampetti
di maiale, le cotenne con i fagioli, i calzagatti. Una cucina tradizionale senza se e senza ma, una proposta
chiara, che attinge alle ricette dei nonni Primo ed Elisa Tonelli, cui si deve
la prima gestione dell’attività quando ancora era una semplice bottega di
alimentari detta budgat, con accanto la
pompa di benzina, dove non c’erano le carte di credito ma i clienti potevano
acquistare segnando nel libretto, e qualche volta pagando il conto in cambio di
un sacco di frumento. Si faceva servizio di osteria, e nel ’34 si ampliarono i
locali raddoppiando la metratura, fino al ’45, quando presero le redini Anna e
Ugo Stefani, cominciando a dedicarsi quasi esclusivamente alla trattoria. Si
sparse la voce di quella cucina vera, e arrivò anche Gino Bartali a cena, dopo
una battuta di caccia. Stefani divenne punto di riferimento, a pranzo i
commessi viaggiatori, le aziende della zona, e chi era di passaggio, a cena le
coppie e le comitive, e alla domenica le gite fuori porta dei modenesi, una
cucina tradizionale che aveva i suoi seguaci, che andavano, e ritornavano, fino
al passaggio di consegne avvenuto gradualmente nei primi anni ’80 con i figli
Marcello e Primo, che rappresentano l’attuale e consolidata gestione. Un luogo oggi
divenuto d’elezione anche per la poesia, al pari dei famosi caffè letterari italiani,
con una saletta dedicata, dove periodicamente si ritrovano artisti, poeti,
letterati, capitanati dal prof Alberto Bertoni, che alla magia di Stefani ha dedicato una poesia.
Pubblicato su QN Resto del Carlino – settembre 2014
bene, è da un pò che non vado, ma ci tornerò…
Cibo ottimo, servizio discreto prezzoequo