Luoghi senza tempo
da riscoprire
da riscoprire
L’affascinante mondo dei locali storici, è una risorsa assoluta, ancora preservata grazie a bravi gestori e a un culto che il mondo ci invidia.
di Luca Bonacini
Forse
è vero che alcuni luoghi hanno un anima. Certi locali hanno resistito a secoli
di cambiamenti, sono arrivati intatti fino a noi, e possiamo oggi apprezzarne
le bellezze architettoniche, gli arredi, le opere d’arte, e quella speciale
atmosfera. Firenze e Torino, essendo state capitali, ne conservano il maggior
numero e i più preziosi, ma anche nel resto della penisola, vi sono botteghe
storiche ancora perfettamente conservate, talvolta preservate dalle
istituzioni, ma non sempre, e alcuni locali hanno chiuso i battenti, come è
accaduto al Caffè Giacosa di Firenze, dove nacque il “Negroni”, a nulla valse
l’affissione di una targa all’interno, oggi è trasformato in un atelier di un
noto stilista fiorentino. Gli aneddoti e i personaggi celebri che hanno calcato
quelle soglie, sono tanti, e ci danno la cifra dell’importanza di quei luoghi:
all’Hotel Porta Rossa di Firenze, pernottava spesso lo scrittore modenese
Antonio Delfini, e vennero girate alcune delle scene più esilaranti di “Amici
miei”; nel veneziano Caffè Florian, andava Casanova con le sue belle,
appartandosi nelle salette attigue; nel quattrocentesco Caffè del Tasso di
Bergamo, tra un ciak e l’altro Ugo Tognazzi si riposava, durante le riprese del
film “Cuore solitario”; al Caffè Cova di Milano un giovane e innamorato Ernest
Hemingway acquistava i cioccolatini per la sua avvenente infermiera; al Caffè
Jamaica di Milano, Benito Mussolini e Salvatore Quasimodo uscirono, forse
inavvertitamente, senza pagare; al Camparino di piazza Duomo a Milano, vennero
infrante le vetrate, ben 86 volte durante le insurrezioni popolari e le
manifestazioni; al Caffè Gambrinus di Napoli una consuetudine suggerisce ai
presidenti della repubblica italiana di recarsi, appena insediati a sorbire un
caffè;
è vero che alcuni luoghi hanno un anima. Certi locali hanno resistito a secoli
di cambiamenti, sono arrivati intatti fino a noi, e possiamo oggi apprezzarne
le bellezze architettoniche, gli arredi, le opere d’arte, e quella speciale
atmosfera. Firenze e Torino, essendo state capitali, ne conservano il maggior
numero e i più preziosi, ma anche nel resto della penisola, vi sono botteghe
storiche ancora perfettamente conservate, talvolta preservate dalle
istituzioni, ma non sempre, e alcuni locali hanno chiuso i battenti, come è
accaduto al Caffè Giacosa di Firenze, dove nacque il “Negroni”, a nulla valse
l’affissione di una targa all’interno, oggi è trasformato in un atelier di un
noto stilista fiorentino. Gli aneddoti e i personaggi celebri che hanno calcato
quelle soglie, sono tanti, e ci danno la cifra dell’importanza di quei luoghi:
all’Hotel Porta Rossa di Firenze, pernottava spesso lo scrittore modenese
Antonio Delfini, e vennero girate alcune delle scene più esilaranti di “Amici
miei”; nel veneziano Caffè Florian, andava Casanova con le sue belle,
appartandosi nelle salette attigue; nel quattrocentesco Caffè del Tasso di
Bergamo, tra un ciak e l’altro Ugo Tognazzi si riposava, durante le riprese del
film “Cuore solitario”; al Caffè Cova di Milano un giovane e innamorato Ernest
Hemingway acquistava i cioccolatini per la sua avvenente infermiera; al Caffè
Jamaica di Milano, Benito Mussolini e Salvatore Quasimodo uscirono, forse
inavvertitamente, senza pagare; al Camparino di piazza Duomo a Milano, vennero
infrante le vetrate, ben 86 volte durante le insurrezioni popolari e le
manifestazioni; al Caffè Gambrinus di Napoli una consuetudine suggerisce ai
presidenti della repubblica italiana di recarsi, appena insediati a sorbire un
caffè;
all’Hotel Savoy di Firenze, lo scrittore Arthur Conan Doyle scrisse una
famosa lettera all’attore Wiliam Gillette; al Caffè Pedrocchi di Padova, un
giovane Stendhal, estasiato dallo zabaione che gli avevano preparato, lo rese
immortale nel suo romanzo “Il Rosso e il nero”; al Caffè Valiani di Pistoia, Giuseppe
Verdi inviò una lettera al proprietario, scusandosi per aver pagato in ritardo
sessanta fiaschetti di vino. Ma anche Modena aveva il suo locale storico, il pluri
centenario Caffe Nazionale, sotto al Portico del Collegio, oggi scomparso, ma sede
di patriottici rigurgiti insurrezionalisti contro il duca estense, e culla di
formidabili attività artistiche e letterarie; fortunatamente intatta è ancora
oggi la Salumeria Giusti, gioiello in marmo e legno con quattrocento anni di
storia, e fonte di suggestioni mai dimenticate.
famosa lettera all’attore Wiliam Gillette; al Caffè Pedrocchi di Padova, un
giovane Stendhal, estasiato dallo zabaione che gli avevano preparato, lo rese
immortale nel suo romanzo “Il Rosso e il nero”; al Caffè Valiani di Pistoia, Giuseppe
Verdi inviò una lettera al proprietario, scusandosi per aver pagato in ritardo
sessanta fiaschetti di vino. Ma anche Modena aveva il suo locale storico, il pluri
centenario Caffe Nazionale, sotto al Portico del Collegio, oggi scomparso, ma sede
di patriottici rigurgiti insurrezionalisti contro il duca estense, e culla di
formidabili attività artistiche e letterarie; fortunatamente intatta è ancora
oggi la Salumeria Giusti, gioiello in marmo e legno con quattrocento anni di
storia, e fonte di suggestioni mai dimenticate.