A tavola con Peppone
e Don Camillo
e Don Camillo
di
Luca Bonacini
Luca Bonacini
“Il
salame era straordinario e Don Camillo osservò: perché non prendi la mia
bicicletta e non vai a chiamar Peppone? Davanti a un salame cosi sono sicuro
che ci troveremo d’accordo.” L’affetto verso il giornalista e scrittore Giovannino
Guareschi e i suoi più celebri personaggi: Peppone e don Camillo è dimostrata dalla
diffusione planetaria delle opere, ristampate in svariate lingue ed edizioni, oltre
alle molteplici pubblicazioni a carattere saggistico, rivolte alle
consuetudini eno-gastronomiche
dell’autore, per non parlare dei record d’ascolto televisivo, qualora venga proiettato
uno dei film della saga. La fervida fantasia dello scrittore emiliano ci ha regalato,
oltre agli scontri che si svolgono tra la Canonica e la Casa del Popolo, tanto
buon umore condito da una saggezza profonda. Forse è vero che per capire
appieno Guareschi, bisogna leggerlo a tavola, magari davanti a una frittata di
cipolla con aceto balsamico, o a un piatto di anolini, e scoprire l’anima dei suoi
personaggi, interpretati nell’eccellente trasposizione cinematografica, da
Fernandel, nei panni di don Camillo, e da Gino Cervi, nei panni di Peppone. In
un primo tempo dovevano essere interpretati rispettivamente da Cervi e da
Guareschi stesso, poi venne scelto Fernandel, perfetto nei panni del burbero
curato. Siamo negli anni cinquanta, il tumultuoso dopoguerra di un Italia
uscita divisa dal secondo conflitto, malgrado le tensioni dell’epoca, in questo piccolo paese della
bassa, un curato di campagna e un sindaco rosso riescono, seppur tra mille
scaramucce, ad andare d’accordo, dando vita a innumerevoli ed esilaranti gag.
La cucina tipica della bassa parmense, emerge prepotentemente in quasi tutti i
racconti scritti dal 1948 in poi, su Peppone e don Camillo dal prolifico
Guareschi, e nelle cinque pellicole ufficiali, realizzate dal 1952 al 1965. Da
molti anni ormai la popolarità dello scrittore ha raggiunto quella del
compaesano Giuseppe Verdi, e i pullman che arrivano da tutto il globo, nella
sonnolenta Roncole Verdi, scaricano turisti che si dividono equamente nella
visita alle case natali delle due celebrità, distanti peraltro poche centinaia
di metri. Quasi sempre la visita si conclude con l’assaggio delle deliziose
specialità locali, di una terra che ha pochi rivali nel mondo: il Parmigiano
Reggiano, il culatello, il salame di felino, la coppa, la torta fritta, gli
anolini, i tortelli di erbette, i bolliti, gli arrosti, la torta spongata…
salame era straordinario e Don Camillo osservò: perché non prendi la mia
bicicletta e non vai a chiamar Peppone? Davanti a un salame cosi sono sicuro
che ci troveremo d’accordo.” L’affetto verso il giornalista e scrittore Giovannino
Guareschi e i suoi più celebri personaggi: Peppone e don Camillo è dimostrata dalla
diffusione planetaria delle opere, ristampate in svariate lingue ed edizioni, oltre
alle molteplici pubblicazioni a carattere saggistico, rivolte alle
consuetudini eno-gastronomiche
dell’autore, per non parlare dei record d’ascolto televisivo, qualora venga proiettato
uno dei film della saga. La fervida fantasia dello scrittore emiliano ci ha regalato,
oltre agli scontri che si svolgono tra la Canonica e la Casa del Popolo, tanto
buon umore condito da una saggezza profonda. Forse è vero che per capire
appieno Guareschi, bisogna leggerlo a tavola, magari davanti a una frittata di
cipolla con aceto balsamico, o a un piatto di anolini, e scoprire l’anima dei suoi
personaggi, interpretati nell’eccellente trasposizione cinematografica, da
Fernandel, nei panni di don Camillo, e da Gino Cervi, nei panni di Peppone. In
un primo tempo dovevano essere interpretati rispettivamente da Cervi e da
Guareschi stesso, poi venne scelto Fernandel, perfetto nei panni del burbero
curato. Siamo negli anni cinquanta, il tumultuoso dopoguerra di un Italia
uscita divisa dal secondo conflitto, malgrado le tensioni dell’epoca, in questo piccolo paese della
bassa, un curato di campagna e un sindaco rosso riescono, seppur tra mille
scaramucce, ad andare d’accordo, dando vita a innumerevoli ed esilaranti gag.
La cucina tipica della bassa parmense, emerge prepotentemente in quasi tutti i
racconti scritti dal 1948 in poi, su Peppone e don Camillo dal prolifico
Guareschi, e nelle cinque pellicole ufficiali, realizzate dal 1952 al 1965. Da
molti anni ormai la popolarità dello scrittore ha raggiunto quella del
compaesano Giuseppe Verdi, e i pullman che arrivano da tutto il globo, nella
sonnolenta Roncole Verdi, scaricano turisti che si dividono equamente nella
visita alle case natali delle due celebrità, distanti peraltro poche centinaia
di metri. Quasi sempre la visita si conclude con l’assaggio delle deliziose
specialità locali, di una terra che ha pochi rivali nel mondo: il Parmigiano
Reggiano, il culatello, il salame di felino, la coppa, la torta fritta, gli
anolini, i tortelli di erbette, i bolliti, gli arrosti, la torta spongata…
i cannelloni al forno
sognati e invocati dal curato nel film Il compagno don Camillo, durante un
digiuno quaresimale: “… E’ dura Gesù! Ma
che dico. Voi lo sapete meglio di me ci siete passato, avete digiunato quaranta
giorni nel deserto!… Ma come avete fatto? Io sono appena al quarto e sono già
affamato. Anche Voi Signore , soffrivate di allucinazioni, vedevate per esempio
… ecco la maniglia della porta è un cannellone, un grosso cannellone, un
cannellone ripieno !?…”;
digiuno quaresimale: “… E’ dura Gesù! Ma
che dico. Voi lo sapete meglio di me ci siete passato, avete digiunato quaranta
giorni nel deserto!… Ma come avete fatto? Io sono appena al quarto e sono già
affamato. Anche Voi Signore , soffrivate di allucinazioni, vedevate per esempio
… ecco la maniglia della porta è un cannellone, un grosso cannellone, un
cannellone ripieno !?…”;
torta spongata
tra i tanti dolci menzionati nei film e nei
romanzi, uno per tutti: la torta spongata di Brescello della ditta Benelli, Già
menzionata nel Satiricon di Tito Petronio, e in una lettera di invio al Duca
Francesco Sforza di Milano, cinquecento anni dopo, lo stesso dolce venne invece
apprezzato dai protagonisti delle avventure guareschiane. Da uno scritto di
ringraziamento per l’ospitalità ricevuta risulta, infatti, che nel 1951
Giovannino Guareschi in persona, Gino Cervi, e Fernandel assieme al cast del
primo film della saga di Don Camillo, gustarono con piacere questo squisito
dolce della tradizione locale, accompagnandolo con champagne, fatto arrivare appositamente
dalla Francia, in onore del protagonista francese. Tra l’altro la spongata è
citata nel film Il compagno Don Camillo.
romanzi, uno per tutti: la torta spongata di Brescello della ditta Benelli, Già
menzionata nel Satiricon di Tito Petronio, e in una lettera di invio al Duca
Francesco Sforza di Milano, cinquecento anni dopo, lo stesso dolce venne invece
apprezzato dai protagonisti delle avventure guareschiane. Da uno scritto di
ringraziamento per l’ospitalità ricevuta risulta, infatti, che nel 1951
Giovannino Guareschi in persona, Gino Cervi, e Fernandel assieme al cast del
primo film della saga di Don Camillo, gustarono con piacere questo squisito
dolce della tradizione locale, accompagnandolo con champagne, fatto arrivare appositamente
dalla Francia, in onore del protagonista francese. Tra l’altro la spongata è
citata nel film Il compagno Don Camillo.