IL BICCHIERE E’
MEZZO PIENO PER LA CANTINA SETTECANI DI CASTELVETRO
MEZZO PIENO PER LA CANTINA SETTECANI DI CASTELVETRO
90
anni di vita per la storica cantina nella culla del Grasparossa, celebrati alla
presenza di tutti i soci in una giornata di festa
anni di vita per la storica cantina nella culla del Grasparossa, celebrati alla
presenza di tutti i soci in una giornata di festa
Una delle prime raccomandazioni dei
commercialisti più prudenti, verso chi vuole aprire una ditta, è quella di fare
solo società con un numero di soci dispari e inferiore a tre. Una regola che
sempra proprio non valga per la Cantina Settecani che ieri, domenica 1
settembre ha festeggiato in armonia l’importante
traguardo dei 90 anni di vita, insieme agli oltre duecento soci e alle loro
famiglie, in una giornata di festa. L’evento è stata un occasione per fare
il punto sul lavoro fatto quest’anno e sui lusinghieri risultati ottenuti, a
cui è seguita la celebrazione
dell’importante meta, Paolo Martinelli, presidente della cantina, Andrea
Chierici vice presidente, e Daniela Vaschieri AD, hanno ricordato non senza una
certa emozione, il significato che rappresenta il novantesimo della Cantina Settecani e i successi conseguiti, a
cui hanno fatto seguito i contributi del Dr. Giorgio Montanari sindaco di
Catelvetro; di Pierluigi Sciolette; presidente Consorzio Marchio Storico del
Lambrusco; del Dott. Gaetano De Vinco, presidente Conf Cooperative; di Luca Gozzoli
Assessore all’Agricoltura e alla Qualità del Territorio Rurale della Provincia
di Modena; di Luca Bonacini, giornalista; e di Carlo Guttadauro art director dell’evento,
che ha preparato per l’occasione un filmato di grande impatto emotivo. L’atteso brindisi d’obbligo, con il Rosè della cantina
Settecani ha fatto il resto, creando quel clima amicale delle feste paesane di
un tempo, dove si festeggia insieme e si guarda avanti con ottimismo, a cui
è seguito un pranzo a base delle più tradizionali specialità modenesi nello
storico ristorante Zoello, proprio di fronte alla cantina, che ha sancito il
90°.
commercialisti più prudenti, verso chi vuole aprire una ditta, è quella di fare
solo società con un numero di soci dispari e inferiore a tre. Una regola che
sempra proprio non valga per la Cantina Settecani che ieri, domenica 1
settembre ha festeggiato in armonia l’importante
traguardo dei 90 anni di vita, insieme agli oltre duecento soci e alle loro
famiglie, in una giornata di festa. L’evento è stata un occasione per fare
il punto sul lavoro fatto quest’anno e sui lusinghieri risultati ottenuti, a
cui è seguita la celebrazione
dell’importante meta, Paolo Martinelli, presidente della cantina, Andrea
Chierici vice presidente, e Daniela Vaschieri AD, hanno ricordato non senza una
certa emozione, il significato che rappresenta il novantesimo della Cantina Settecani e i successi conseguiti, a
cui hanno fatto seguito i contributi del Dr. Giorgio Montanari sindaco di
Catelvetro; di Pierluigi Sciolette; presidente Consorzio Marchio Storico del
Lambrusco; del Dott. Gaetano De Vinco, presidente Conf Cooperative; di Luca Gozzoli
Assessore all’Agricoltura e alla Qualità del Territorio Rurale della Provincia
di Modena; di Luca Bonacini, giornalista; e di Carlo Guttadauro art director dell’evento,
che ha preparato per l’occasione un filmato di grande impatto emotivo. L’atteso brindisi d’obbligo, con il Rosè della cantina
Settecani ha fatto il resto, creando quel clima amicale delle feste paesane di
un tempo, dove si festeggia insieme e si guarda avanti con ottimismo, a cui
è seguito un pranzo a base delle più tradizionali specialità modenesi nello
storico ristorante Zoello, proprio di fronte alla cantina, che ha sancito il
90°.
Era il 1923, quando
si inaugurava la Cantina Settecani, a New York usciva il primo numero del
Time; in Francia si disputava la prima 24 Ore di Le Mans; e nascevano lo scrittore Italo Calvino, il fumettista Benito Jacovitti e la divina Maria Callas. L’antico borgo di
Castelvetro e i dintorni, sono rimasti ancora come allora, luoghi dai contorni
magici e suggestivi che non rinnegano il glorioso passato medievale fatto
di contese per difendere il nobile casato dei Rangoni. Morbide colline che si
dipanano a mezzogiorno, coperte di vigneti dove cresce il Grasparossa, l’uva
con cui si ottiene l’inebriante
lambrusco, una spumeggiante pozione magica a cui pochi riescono a resistere:
rotondo, corposo, frizzante, fruttato, un esplosione di frutta rossa matura, al
palato persistente, fresco ed avvolgente. Novant’anni nei quali il mondo
è cambiato, ma la memoria ha reso indelebili i successi conseguiti, i premi
ricevuti, l’affezione dei clienti e di quanti in questi anni hanno
contribuito al successo di un impresa, che ancora oggi continua a godere di
ottima salute, migliorando di anno in anno.
Quanti trattori con rimorchio carichi di uve, frutto della fatica di intere
famiglie, hanno varcato la soglia di quel cancello, quante storie di vita
vera, di notti insonni, e di sveglie all’alba per rispettare la
consegna alla cantina, che dai primi anni ’50 ha cominciato a imbottigliare con
un proprio marchio. La facciata dell’edificio non è cambiata tanto in
quasi un secolo di storia, ma le dimensioni oggi sono molto più ampie, e
la tecnologia utilizzata è di primordine, pur avendo mantenuto un carattere
assolutamente artigianale nella lavorazione delle uve e del vino. Anni di consolidamento, ma anche di
penetrazione in nuovi mercati esteri che hanno portato risultati eccellenti
e importanti riconoscimenti, e oggi raggiunto il traguardo dei novant’anni, è
importante riflettere su ciò che si è costruito e sui nuovi progetti
futuri, ma è anche giusto concedersi un
meritato brindisi, magari con un calice di Rosè Grasparossa.
si inaugurava la Cantina Settecani, a New York usciva il primo numero del
Time; in Francia si disputava la prima 24 Ore di Le Mans; e nascevano lo scrittore Italo Calvino, il fumettista Benito Jacovitti e la divina Maria Callas. L’antico borgo di
Castelvetro e i dintorni, sono rimasti ancora come allora, luoghi dai contorni
magici e suggestivi che non rinnegano il glorioso passato medievale fatto
di contese per difendere il nobile casato dei Rangoni. Morbide colline che si
dipanano a mezzogiorno, coperte di vigneti dove cresce il Grasparossa, l’uva
con cui si ottiene l’inebriante
lambrusco, una spumeggiante pozione magica a cui pochi riescono a resistere:
rotondo, corposo, frizzante, fruttato, un esplosione di frutta rossa matura, al
palato persistente, fresco ed avvolgente. Novant’anni nei quali il mondo
è cambiato, ma la memoria ha reso indelebili i successi conseguiti, i premi
ricevuti, l’affezione dei clienti e di quanti in questi anni hanno
contribuito al successo di un impresa, che ancora oggi continua a godere di
ottima salute, migliorando di anno in anno.
Quanti trattori con rimorchio carichi di uve, frutto della fatica di intere
famiglie, hanno varcato la soglia di quel cancello, quante storie di vita
vera, di notti insonni, e di sveglie all’alba per rispettare la
consegna alla cantina, che dai primi anni ’50 ha cominciato a imbottigliare con
un proprio marchio. La facciata dell’edificio non è cambiata tanto in
quasi un secolo di storia, ma le dimensioni oggi sono molto più ampie, e
la tecnologia utilizzata è di primordine, pur avendo mantenuto un carattere
assolutamente artigianale nella lavorazione delle uve e del vino. Anni di consolidamento, ma anche di
penetrazione in nuovi mercati esteri che hanno portato risultati eccellenti
e importanti riconoscimenti, e oggi raggiunto il traguardo dei novant’anni, è
importante riflettere su ciò che si è costruito e sui nuovi progetti
futuri, ma è anche giusto concedersi un
meritato brindisi, magari con un calice di Rosè Grasparossa.
Un
vino a cui non sono mai mancati gli ammiratori : come il poeta Giosuè Carducci che veniva apposta alla trattoria
Grosoli in via Canalino a Modena, per il lambrusco, i tortellini e lo
zampone (forse anche per una fidanzata); Enzo Ferrari che quasi sempre aveva lambrusco sulla sua tavola, che
fosse in compagnia dei suoi amici del sabato, (i fedelissimi che lo
accompagnavano quando il medico dava l’ok), oppure insieme a famosi piloti,
o a facoltosi clienti; lo chef Carlo
Cracco inflessibile giudice di Masterchef, che ha affermato di
fidarsi solo del lambrusco quando deve bere vino all’estero; il giornalista
di Mela Verde e de La Stampa, Edoardo
Raspelli, considerato l’incubo dei ristoratori per le sue recensioni al
vetriolo, che considera il lambrusco tra i suoi vini preferiti, forse
perché gli ricorda oltre vent’anni di vacanze a Pievepelago; ma anche Luciano Pavarotti che ne ha fatto una
bandiera e ne portava con sé intere casse quando era in viaggio per il mondo
a cantare nei migliori teatri; o Massimo
Bottura che ne parla ogni qualvolta parla di Modena la sua città, e
recentemente si è fatto promotore insieme a Ermi Bagni presidente del
Consorzio Lambrusco di un tour fra i ristoratori di New York; fino ad
arrivare addirittura a James Bond
che nel ’69 ne beve mezza bottiglia al ristorante Giannino accompagnandolo
al classico Ossobuco, durante una missione all’hotel Principe di Savoia di
Milano. Mentre tra i tantissimi
estimatori delle bollicine rosse apprezzate nei ristoranti modenesi, si
ricordano il presidente Carlo Azeglio Ciampi (al Moka), Rita Levi
Montalcini, Dario Fò, Hugh Grant (al Castello di Formigine), Roberto Benigni e
ancora gli Abba (al Caminetto) ed Elena Sofia Ricci che nei panni di suor
Angela ne consiglia un bicchiere in una nota fiction.
vino a cui non sono mai mancati gli ammiratori : come il poeta Giosuè Carducci che veniva apposta alla trattoria
Grosoli in via Canalino a Modena, per il lambrusco, i tortellini e lo
zampone (forse anche per una fidanzata); Enzo Ferrari che quasi sempre aveva lambrusco sulla sua tavola, che
fosse in compagnia dei suoi amici del sabato, (i fedelissimi che lo
accompagnavano quando il medico dava l’ok), oppure insieme a famosi piloti,
o a facoltosi clienti; lo chef Carlo
Cracco inflessibile giudice di Masterchef, che ha affermato di
fidarsi solo del lambrusco quando deve bere vino all’estero; il giornalista
di Mela Verde e de La Stampa, Edoardo
Raspelli, considerato l’incubo dei ristoratori per le sue recensioni al
vetriolo, che considera il lambrusco tra i suoi vini preferiti, forse
perché gli ricorda oltre vent’anni di vacanze a Pievepelago; ma anche Luciano Pavarotti che ne ha fatto una
bandiera e ne portava con sé intere casse quando era in viaggio per il mondo
a cantare nei migliori teatri; o Massimo
Bottura che ne parla ogni qualvolta parla di Modena la sua città, e
recentemente si è fatto promotore insieme a Ermi Bagni presidente del
Consorzio Lambrusco di un tour fra i ristoratori di New York; fino ad
arrivare addirittura a James Bond
che nel ’69 ne beve mezza bottiglia al ristorante Giannino accompagnandolo
al classico Ossobuco, durante una missione all’hotel Principe di Savoia di
Milano. Mentre tra i tantissimi
estimatori delle bollicine rosse apprezzate nei ristoranti modenesi, si
ricordano il presidente Carlo Azeglio Ciampi (al Moka), Rita Levi
Montalcini, Dario Fò, Hugh Grant (al Castello di Formigine), Roberto Benigni e
ancora gli Abba (al Caminetto) ed Elena Sofia Ricci che nei panni di suor
Angela ne consiglia un bicchiere in una nota fiction.
Insomma
questo lambrusco è decisamente di moda, e si vede sempre
di più negli aperitivi fashion delle grandi città, magari con qualche
cubetto di ghiaccio, o come ingrediente di leggeri e dissetanti cocktail
come lo Spritz al lambrusco, o il Negroni al lambrusco, e il Martini
alla Modenese, con qualche goccia di Sorbara, inventato da un barman geminiano
di stanza a Roma, con la nostalgia di casa. Ma vi sono tanti estimatori illustri anche alla Cantina Settecani, e proprio incrociando
i ricordi del cantiniere storico, e le memorie dei meccanici Maserati è emerso che
il campione di ciclismo Gino Bartali
era un amante del Lambrusco Rosè della Cantina Settecani, lo sportivo delle
vittorie impossibili e dei grandi gesti umani, passava volentieri a Modena, malgrado gli ricordasse quella
volta che il suo gregario Fausto Coppi gli aveva soffiato il Giro d’Italia.
Forse veniva per la messa a punto della sua Maserati, ma quello che è
certo e che dopo andava a pranzo da Zoello, e immancabilmente veniva
accompagnato a riempire il baule di buon lambrusco Grasparossa o Rosè,
vanto della cantina, da portare nella sua Toscana, un’abitudine che si
protrasse negli anni, e anche quando non guidava più continuava a
ordinare lambrusco Settecani che poi gli veniva spedito.
questo lambrusco è decisamente di moda, e si vede sempre
di più negli aperitivi fashion delle grandi città, magari con qualche
cubetto di ghiaccio, o come ingrediente di leggeri e dissetanti cocktail
come lo Spritz al lambrusco, o il Negroni al lambrusco, e il Martini
alla Modenese, con qualche goccia di Sorbara, inventato da un barman geminiano
di stanza a Roma, con la nostalgia di casa. Ma vi sono tanti estimatori illustri anche alla Cantina Settecani, e proprio incrociando
i ricordi del cantiniere storico, e le memorie dei meccanici Maserati è emerso che
il campione di ciclismo Gino Bartali
era un amante del Lambrusco Rosè della Cantina Settecani, lo sportivo delle
vittorie impossibili e dei grandi gesti umani, passava volentieri a Modena, malgrado gli ricordasse quella
volta che il suo gregario Fausto Coppi gli aveva soffiato il Giro d’Italia.
Forse veniva per la messa a punto della sua Maserati, ma quello che è
certo e che dopo andava a pranzo da Zoello, e immancabilmente veniva
accompagnato a riempire il baule di buon lambrusco Grasparossa o Rosè,
vanto della cantina, da portare nella sua Toscana, un’abitudine che si
protrasse negli anni, e anche quando non guidava più continuava a
ordinare lambrusco Settecani che poi gli veniva spedito.