Dario Cecchini e
l’orgoglio macellaio
l’orgoglio macellaio
di Eleonora Cozzella
Dario
Cecchini, il macellaio di Panzano in Chianti famoso perché vende carne
declamando Dante, ha conquistato la platea internazionale di cuochi e food
writer parlando di Guts, interiora, al MAD, convegno gastronomico in corso a
Copenhagen
Cecchini, il macellaio di Panzano in Chianti famoso perché vende carne
declamando Dante, ha conquistato la platea internazionale di cuochi e food
writer parlando di Guts, interiora, al MAD, convegno gastronomico in corso a
Copenhagen
La
musica hard rock quasi spacca i timpani mentre nella penombra tutti prendono
posto sotto il tendone da circo montato per ospitare la terza edizione di MAD, simposio di cuochi e food writer in corso a
Copenhagen. In mezzo alla pista c’è un
maiale ammazzato da poco, appeso a testa in giù, illuminato da un
riflettore. Sembra un rito primitivo.
musica hard rock quasi spacca i timpani mentre nella penombra tutti prendono
posto sotto il tendone da circo montato per ospitare la terza edizione di MAD, simposio di cuochi e food writer in corso a
Copenhagen. In mezzo alla pista c’è un
maiale ammazzato da poco, appeso a testa in giù, illuminato da un
riflettore. Sembra un rito primitivo.
Quasi
imbarazza sentire ridere e parlare vedendo quella carcassa fresca di mattanza
lì in mezzo, tra curiosità e indifferenza. Alcuni la fotografano. Poi un lungo applauso con tifo da stadio perché
chef David Chang, organizzatore con Rene Redzepi dell’evento, introduce il
primo speaker del giorno. Si fa il buio totale e, mentre chi ancora non ha
posto si fa luce con l’iPhone, entra Dario Cecchini e cala il silenzio. Lui
finalmente rende giustizia a quel cadavere. Perché Dario Cecchini sa che quel
maiale non è solo un ammasso di carne.
“Questa é la pancia del mondo,
tutto parte da qui – dice – e la mia
famiglia da 100 anni, io da 40, portiamo avanti una avanti un’attività così
importante per la società che anticamente era appannaggio dei sacerdoti”. Erano infatti i depositari delle religioni
a macellare gli animali, addirittura facendo vaticini per il futuro
studiando le interiora ancora palpitanti. Con
la stessa solennità dei sacerdoti antichi Cecchini afferra il suo coltello
e inizia la sua lezione sulle interiora, tema del MAD 2013. Apre il maiale,
comincia a svuotarlo. “Il macellaio riporta il mondo al cibo primitivo – afferma
– e in un mondo in cui ci sono sempre più supermarket, dove l’animale non
esiste ma è solo un paio di fettine incelofanate in una vaschetta, io rivendico
con orgoglio il mio ruolo”. Non nasconde i lati prosaici del suo mestiere:
“Ho imparato l’odore della
macellazione e della morte. L’odore delle budella è il primo sentore che il
macellaio incontra, l’odore del passaggio dalla vita alla morte. Conoscerlo
fa bene al rispetto per il cibo, che era vivo e abbiamo sacrificato”.
Proprio questo rapporto violento ma puro con il capo macellato, questo rispetto per la vita spezzata lo porta a
non essere classista con le diverse parti: “Ho imparato che tutti i tagli
sono buoni se ben usati. In una famiglia di macellai non si mangiano i tagli
pregiati ma si mangia ciò che i clienti non vogliono comprare. Così, mentre
i miei genitori lavoravano al negozio, mia nonna faceva da magiare, cucinava
favolose crepe di sangue di maiale, budella di maiale in zuppa con cavolo,
fegato di maiale in rete profumato con semi di finocchio e alloro, rognoni alla
griglia. Son cresciuto senza mangiare filetto e bistecca. La prima l’ho
assaggiata per i miei 18 anni e non è meglio del resto”.
imbarazza sentire ridere e parlare vedendo quella carcassa fresca di mattanza
lì in mezzo, tra curiosità e indifferenza. Alcuni la fotografano. Poi un lungo applauso con tifo da stadio perché
chef David Chang, organizzatore con Rene Redzepi dell’evento, introduce il
primo speaker del giorno. Si fa il buio totale e, mentre chi ancora non ha
posto si fa luce con l’iPhone, entra Dario Cecchini e cala il silenzio. Lui
finalmente rende giustizia a quel cadavere. Perché Dario Cecchini sa che quel
maiale non è solo un ammasso di carne.
“Questa é la pancia del mondo,
tutto parte da qui – dice – e la mia
famiglia da 100 anni, io da 40, portiamo avanti una avanti un’attività così
importante per la società che anticamente era appannaggio dei sacerdoti”. Erano infatti i depositari delle religioni
a macellare gli animali, addirittura facendo vaticini per il futuro
studiando le interiora ancora palpitanti. Con
la stessa solennità dei sacerdoti antichi Cecchini afferra il suo coltello
e inizia la sua lezione sulle interiora, tema del MAD 2013. Apre il maiale,
comincia a svuotarlo. “Il macellaio riporta il mondo al cibo primitivo – afferma
– e in un mondo in cui ci sono sempre più supermarket, dove l’animale non
esiste ma è solo un paio di fettine incelofanate in una vaschetta, io rivendico
con orgoglio il mio ruolo”. Non nasconde i lati prosaici del suo mestiere:
“Ho imparato l’odore della
macellazione e della morte. L’odore delle budella è il primo sentore che il
macellaio incontra, l’odore del passaggio dalla vita alla morte. Conoscerlo
fa bene al rispetto per il cibo, che era vivo e abbiamo sacrificato”.
Proprio questo rapporto violento ma puro con il capo macellato, questo rispetto per la vita spezzata lo porta a
non essere classista con le diverse parti: “Ho imparato che tutti i tagli
sono buoni se ben usati. In una famiglia di macellai non si mangiano i tagli
pregiati ma si mangia ciò che i clienti non vogliono comprare. Così, mentre
i miei genitori lavoravano al negozio, mia nonna faceva da magiare, cucinava
favolose crepe di sangue di maiale, budella di maiale in zuppa con cavolo,
fegato di maiale in rete profumato con semi di finocchio e alloro, rognoni alla
griglia. Son cresciuto senza mangiare filetto e bistecca. La prima l’ho
assaggiata per i miei 18 anni e non è meglio del resto”.
Parla
serio il butcher Cecchini di Panzano in
Chianti incantando i migliori chef del mondo – Pascal Barbot, Claude Bosi,
Alex Atala, Daniel Humm e Daniel Patterson, solo per citarne alcuni, sono nel
pubblico – mentre estrae le budella dal maiale, poi lo stomaco, quindi fegato
cuore polmone, notando che sono organi forti e resistenti alla presa, che
quindi l’animale è stato allevato bene. “È
un lavoro duro, ma necessario e se devi cominci lo devi finire. Questo lo
vedevo già a 16 anni e lo vedo ancora adesso in Toscana, dove continuo la mia tradizione di macellaio che
credo sia un lavoro necessario. I macellai sono una razza in via di
estinzione ma credo che siano l’anello più importante della catena del cibo,
quello della conoscenza e della coscienza. Della
responsabilità di non uccidere inutilmente, della conoscenza di usare tutto,
dal naso alla coda. Col nostro lavoro creiamo un alfabeto delle cose
semplici. Con cui i cuochi possono scrivere le parole e tutto può diventare
poesia nel cerchio artigiano/cuoco vita/morte passaggio/pancia. Non voglio che
il mio lavoro finisca, i macellai sono la mia gente, una bella razza. Conoscono la vita e la morte, gli animali e
ne hanno rispetto“. È commosso Dario quando dice che il suo mestiere
può diventare poesia se lo si ama, e lui lo ama come ama la moglie americana
che sta traducendo per il pubblico internazionale. Per questo conclude
recitando – lui conosce tutta la Divina Commedia a memoria – il dantesco passo
dedicato all’amore, quello del famoso galeotto libro. Mentre scroscia
l’applauso e scatta la standing ovation, lui si mangia un pezzetto di fegato crudo, ancora caldo. E il pubblico va
in visibilio.
serio il butcher Cecchini di Panzano in
Chianti incantando i migliori chef del mondo – Pascal Barbot, Claude Bosi,
Alex Atala, Daniel Humm e Daniel Patterson, solo per citarne alcuni, sono nel
pubblico – mentre estrae le budella dal maiale, poi lo stomaco, quindi fegato
cuore polmone, notando che sono organi forti e resistenti alla presa, che
quindi l’animale è stato allevato bene. “È
un lavoro duro, ma necessario e se devi cominci lo devi finire. Questo lo
vedevo già a 16 anni e lo vedo ancora adesso in Toscana, dove continuo la mia tradizione di macellaio che
credo sia un lavoro necessario. I macellai sono una razza in via di
estinzione ma credo che siano l’anello più importante della catena del cibo,
quello della conoscenza e della coscienza. Della
responsabilità di non uccidere inutilmente, della conoscenza di usare tutto,
dal naso alla coda. Col nostro lavoro creiamo un alfabeto delle cose
semplici. Con cui i cuochi possono scrivere le parole e tutto può diventare
poesia nel cerchio artigiano/cuoco vita/morte passaggio/pancia. Non voglio che
il mio lavoro finisca, i macellai sono la mia gente, una bella razza. Conoscono la vita e la morte, gli animali e
ne hanno rispetto“. È commosso Dario quando dice che il suo mestiere
può diventare poesia se lo si ama, e lui lo ama come ama la moglie americana
che sta traducendo per il pubblico internazionale. Per questo conclude
recitando – lui conosce tutta la Divina Commedia a memoria – il dantesco passo
dedicato all’amore, quello del famoso galeotto libro. Mentre scroscia
l’applauso e scatta la standing ovation, lui si mangia un pezzetto di fegato crudo, ancora caldo. E il pubblico va
in visibilio.
È
Butcher Pride
Butcher Pride
Crediti | Link : Espresso Food