CRISI : SI MANGIA PEGGIO

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Le conseguenze
della crisi. Gli italiani mangiano peggio
di Giuseppe Buonocore


La
crisi economica che affligge ormai da tempo il Paese ha messo la mani anche sul
cibo; proprio così, in questo delicatissimo momento si taglia davvero su tutto,
anche sull’alimentare. Ma quali sono i
rischi di una spesa low cost?
Ecco cosa dice la Coldiretti. Sono dati
allarmanti quelli che arrivano dal dossier sui Rischi del cibo low cost
presentato dalla Coldiretti durante un incontro tenutosi a Bruxelles. Secondo
elaborazioni su dati Ismea la spesa
alimentare degli italiani nel 2013 è in forte calo
, gli acquisti si sono
ridotti in modo evidente, con tagli che vanno dall’olio extravergine d’oliva
(-12%) alla pasta (-9%), dal pesce (-11%) alla carne (-1%), fino ad arrivare al
latte (-6%) e all’ortofrutta (-4%), per una contrazione media nel settore
agroalimentare del 3,4%. Il bilancio delle vendite nella grande distribuzione
dall’inizio del 2013 parla da sé: -2,5% negli ipermercati e -1,8 punti
percentuali nei supermercati; le uniche a far segnare un aumento in Italia sono
le vendite dei cibi low cost (+1.3%), beni di consumo acquistabili nei dei discount
alimentari. Segno evidente di un
sensibile spostamento degli acquisti verso i prodotti a basso costo
. Dati
da valutare prendendo in considerazione alcuni aspetti legati al circuito dei
prodotti low cost e dei rischi igienico-sanitari ad esso collegati. Nel 2013
gli allarmi alimentari per i cibi pericolosi sono aumentati del 26% e i
principali imputati sono proprio loro, i prodotti a basso costo, soprattutto
quelli provenienti da Paesi non appartenenti all’Unione Europea (Cina, India e
Turchia in primis), responsabili per l’80% degli allarmi alimentari. Paesi dove
vigono diverse regole sanitarie e ambientali, a partire dalle regolamentazioni
sugli OGM in poi. Attraverso le analisi condotte dall’Efsa (Autorità Europea
per la sicurezza alimentare) l’Italia conquista
il primato in Europa, e non solo, per il minor numero di prodotti
agroalimentari con residui chimici oltre il limite
(0,3%): risultati
peraltro inferiori di cinque volte a quelli della media europea (1,6%) e
addirittura di 26 volte a quelli extracomunitari (7,9% di irregolarità). Dov’è
allora il problema? Il problema è che l’Italia importa dall’estero circa il 25%
del proprio fabbisogno alimentare: per questo motivo 4 bottiglie di olio extravergine su 5 in vendita nel nostro Paese non
riportano la provenienza delle olive impiegate, oltre la metà del grano duro
utilizzato nella produzione di pasta in Italia viene importato da paesi dove si
registrano spesso problemi di aflatossine (microtossine prodotte da specie
fungine), una mozzarella su quattro non è realizzata con latte ma attraverso
cagliate provenienti spesso dall’Est europeo,
e chi più ne ha più ne metta.
“Oltre sei famiglie su dieci scelgono prodotti a basso prezzo”,
afferma il presidente della Coldiretti Sergio Martini,che ha presentato personalmente
a Bruxelles il delicatissimo dossier. “Dietro questi prodotti spesso si
nascondono ricette modificate, per non parlare dell’uso di ingredienti di
minore qualità o dei metodi di produzione alternativi. Conviene diffidare dei prodotti che costano poco,
come a esempio alcuni oli extravergini d’oliva che con il loro prezzo
bassissimo non coprono neanche il costo della raccolta”.

Crediti | Link : Gambero Rosso

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