La tavola del Re
del thriller : Alfred Hitchock
del thriller : Alfred Hitchock
di Luca Bonacini
“L’uomo non ha bisogno soltanto di delitti. Ha bisogno anche di pasti abbondanti!” Alfred Hitchcock
“Questo
giovane ragazzo italiano inizia a preoccuparmi”. Fu il commento su
Dario Argento, che pronunciò Alfred Hitchcock, colpito dalla proiezione di Profondo Rosso. Alfred Hitchock
(1899-1980), lottò tutta la vita per realizzare il film perfetto, per cucinare
il piatto più buono, e per mantenere la linea. Le prime due gli riuscirono
ampiamente, ma la terza non la realizzò mai, passando dai cento chili, di
quando era a dieta, ai centotrenta/centoquaranta sui quali veleggiava
abitualmente, per raggiungere punte massime di centosettanta chili.
Universalmente riconosciuto come uno dei più grandi registi di tutti i tempi, e
il maestro indiscusso del brivido, iniziò la sua brillante carriera nel 1925
realizzando oltre 50 lungometraggi e producendo circa 300 telefilm, per la
televisione , che contribuirono a diffondere la sua notorietà presso ogni
pubblico. Oltre a ciò era uno smisurato e raffinato gourmet. Appassionato di
cucina aveva sempre il tavolo prenotato in diversi ristoranti del mondo. Ma
quella che amava di più era la sua cucina e quella della moglie Alma “la sola cosa che non sappia fare in cucina
è spremere l’uva per farne il vino, e preferisco che sia cosi … quello
lasciamolo fare ai francesi”. L’alimento che non doveva mai mancare era la
carne, prevalentemente roast beef, e arrosti ma anche bistecche e costolette di
agnello, unica variante il pesce, ma solo sogliole di Dover, fatte unicamente
alla griglia, che per quasi mezzo secolo si fece spedire per via aerea da
Londra, oltre alle abbondanti patate che seguivano ogni piatto, tranne quando
era a dieta. Durante un viaggio a Saint Moritz gli prepararono un piatto a base
di carne di manzo affumicata, essiccata e tagliata sottile, innaffiata con
Apfelwein, un sidro scuro di cui andava pazzo, e che poi si fece mandare una
cassa al mese. Sul fronte dei dessert amava il gelato, utilizzandolo anche come
rinfresco fra una portata e l’altra.
giovane ragazzo italiano inizia a preoccuparmi”. Fu il commento su
Dario Argento, che pronunciò Alfred Hitchcock, colpito dalla proiezione di Profondo Rosso. Alfred Hitchock
(1899-1980), lottò tutta la vita per realizzare il film perfetto, per cucinare
il piatto più buono, e per mantenere la linea. Le prime due gli riuscirono
ampiamente, ma la terza non la realizzò mai, passando dai cento chili, di
quando era a dieta, ai centotrenta/centoquaranta sui quali veleggiava
abitualmente, per raggiungere punte massime di centosettanta chili.
Universalmente riconosciuto come uno dei più grandi registi di tutti i tempi, e
il maestro indiscusso del brivido, iniziò la sua brillante carriera nel 1925
realizzando oltre 50 lungometraggi e producendo circa 300 telefilm, per la
televisione , che contribuirono a diffondere la sua notorietà presso ogni
pubblico. Oltre a ciò era uno smisurato e raffinato gourmet. Appassionato di
cucina aveva sempre il tavolo prenotato in diversi ristoranti del mondo. Ma
quella che amava di più era la sua cucina e quella della moglie Alma “la sola cosa che non sappia fare in cucina
è spremere l’uva per farne il vino, e preferisco che sia cosi … quello
lasciamolo fare ai francesi”. L’alimento che non doveva mai mancare era la
carne, prevalentemente roast beef, e arrosti ma anche bistecche e costolette di
agnello, unica variante il pesce, ma solo sogliole di Dover, fatte unicamente
alla griglia, che per quasi mezzo secolo si fece spedire per via aerea da
Londra, oltre alle abbondanti patate che seguivano ogni piatto, tranne quando
era a dieta. Durante un viaggio a Saint Moritz gli prepararono un piatto a base
di carne di manzo affumicata, essiccata e tagliata sottile, innaffiata con
Apfelwein, un sidro scuro di cui andava pazzo, e che poi si fece mandare una
cassa al mese. Sul fronte dei dessert amava il gelato, utilizzandolo anche come
rinfresco fra una portata e l’altra.
Il suo amore per il cibo gli fece
affittare un magazzino dove poter conservare abbondanti scorte di bacon
inglese, e le essenziali sogliole di Dover, che si faceva spedire nella sua
residenza in California. Party, feste in casa, e cene con amici e collaboratori
imposero un ampliamento della cucina dell’abitazione, che al termine dei lavori
costò molto di più dell’intera
residenza. Alida Valli che venne diretta dal regista nel film Il caso Paradine del ’47 con Gregory
Peck, ricorda che nel privato Hitchcok “amava
indossare un bianchissimo grembiule, per tagliare e sagomare la carne di manzo
con cui preparava il suo roast beef, o per cucinare il suo famoso tacchino
farcito con riso, variamente speziato, per celebrare a San Francisco, un
favoloso giorno del ringraziamento. Coinvolgeva i suoi ignari ospiti in
bizzarre invenzioni culinarie, alcune immangiabili, e noi diventavamo
assaggiatori pazienti …” Non gli piaceva proprio tutto, odiava l’aragosta e
aveva un’ implacabile idiosincrasia per le uova, talvolta trasferita nei film.
In Caccia al ladro del ’55 la madre
di Grace Kelly spegne freddamente una sigaretta in un tuorlo, in bella evidenza
su un piatto. Poco prima Cary Grant mentre viene inseguito, è mancato per un
soffio dal lancio di un uovo crudo, che finisce contro una vetrata. Le stesse
uova che da bambino scagliava contro le finestre della residenza dei Gesuiti,
salvo poi dichiarare che certamente si era trattato di uccelli. Buona parte dei
film di Hitchcok sono entrati di diritto nella storia del cinema, in essi il
cibo ha sempre avuto un particolare significato: in Notorious del 1946 si mescolano erotismo e cibo, Cary Grant e
Ingrid Bergman flirtano romantici e commentano la cena a base di pollo; in Delitto perfetto del 1954, la scena
dell’accoltellamento non piaceva a Hitchcock, e venne girata numerose volte,
per le luci : “le forbici che non
brillano abbastanza sono come gli asparagi senza la salsa olandese: insipide!”;
nel miglior telefilm da lui diretto Lamb
to the Slaughter, la moglie del capo della polizia irritata dalla richiesta
di divorzio, e presa da uno scatto d’ira, afferra dal congelatore una coscia di
agnello, usandola sul coniuge come una clava, sopprimendolo.
affittare un magazzino dove poter conservare abbondanti scorte di bacon
inglese, e le essenziali sogliole di Dover, che si faceva spedire nella sua
residenza in California. Party, feste in casa, e cene con amici e collaboratori
imposero un ampliamento della cucina dell’abitazione, che al termine dei lavori
costò molto di più dell’intera
residenza. Alida Valli che venne diretta dal regista nel film Il caso Paradine del ’47 con Gregory
Peck, ricorda che nel privato Hitchcok “amava
indossare un bianchissimo grembiule, per tagliare e sagomare la carne di manzo
con cui preparava il suo roast beef, o per cucinare il suo famoso tacchino
farcito con riso, variamente speziato, per celebrare a San Francisco, un
favoloso giorno del ringraziamento. Coinvolgeva i suoi ignari ospiti in
bizzarre invenzioni culinarie, alcune immangiabili, e noi diventavamo
assaggiatori pazienti …” Non gli piaceva proprio tutto, odiava l’aragosta e
aveva un’ implacabile idiosincrasia per le uova, talvolta trasferita nei film.
In Caccia al ladro del ’55 la madre
di Grace Kelly spegne freddamente una sigaretta in un tuorlo, in bella evidenza
su un piatto. Poco prima Cary Grant mentre viene inseguito, è mancato per un
soffio dal lancio di un uovo crudo, che finisce contro una vetrata. Le stesse
uova che da bambino scagliava contro le finestre della residenza dei Gesuiti,
salvo poi dichiarare che certamente si era trattato di uccelli. Buona parte dei
film di Hitchcok sono entrati di diritto nella storia del cinema, in essi il
cibo ha sempre avuto un particolare significato: in Notorious del 1946 si mescolano erotismo e cibo, Cary Grant e
Ingrid Bergman flirtano romantici e commentano la cena a base di pollo; in Delitto perfetto del 1954, la scena
dell’accoltellamento non piaceva a Hitchcock, e venne girata numerose volte,
per le luci : “le forbici che non
brillano abbastanza sono come gli asparagi senza la salsa olandese: insipide!”;
nel miglior telefilm da lui diretto Lamb
to the Slaughter, la moglie del capo della polizia irritata dalla richiesta
di divorzio, e presa da uno scatto d’ira, afferra dal congelatore una coscia di
agnello, usandola sul coniuge come una clava, sopprimendolo.
Poi candidamente
cucina l’arma del delitto al forno, e
lo serve perfino agli agenti venuti a cercare il corpo del reato. Nel film La finestra sul cortile sono presenti la
carne al sangue, una cena servita dal ristorante Club 21 di New York e perfino
la detestata aragosta. Alcune volte elargiva gustosi camei, amando comparire in
brevi inquadrature dei film girati: in Prigionieri dell’oceano,
(1943): è raffigurato su un
giornale che pubblicizza gli effetti di una cura dimagrante; in Notorius, (1946): è tra gli invitati della festa
nella villa di Sebastian e beve una coppa di champagne. In Io ti salverò,
(1945): esce da un
ascensore nella hall di un albergo. In Complotto di famiglia,
(1976): mostra la sua
silhouette nera dietro i vetri dell’ufficio di statistica anagrafica. In Topaz,
(1969): è seduto su una
carrozzella per invalidi in un aeroporto, poi si alza per salutare un
conoscente e cammina. In Il sipario strappato,
(1966): si trova nella hall
di un albergo, con in braccio un bimbo che gli “bagna” i pantaloni.
cucina l’arma del delitto al forno, e
lo serve perfino agli agenti venuti a cercare il corpo del reato. Nel film La finestra sul cortile sono presenti la
carne al sangue, una cena servita dal ristorante Club 21 di New York e perfino
la detestata aragosta. Alcune volte elargiva gustosi camei, amando comparire in
brevi inquadrature dei film girati: in Prigionieri dell’oceano,
(1943): è raffigurato su un
giornale che pubblicizza gli effetti di una cura dimagrante; in Notorius, (1946): è tra gli invitati della festa
nella villa di Sebastian e beve una coppa di champagne. In Io ti salverò,
(1945): esce da un
ascensore nella hall di un albergo. In Complotto di famiglia,
(1976): mostra la sua
silhouette nera dietro i vetri dell’ufficio di statistica anagrafica. In Topaz,
(1969): è seduto su una
carrozzella per invalidi in un aeroporto, poi si alza per salutare un
conoscente e cammina. In Il sipario strappato,
(1966): si trova nella hall
di un albergo, con in braccio un bimbo che gli “bagna” i pantaloni.
“Certi
film sono pezzi di vita, i miei sono pezzi di torta”
film sono pezzi di vita, i miei sono pezzi di torta”
Alfred
Hitchcock
Hitchcock
Credits : A tavola con Hitchcock di Salvatore Gelsi – Tre Lune Ed.