PARMIGIANO CONTRAFFATTO

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Aggressione 
al Parmigiano
Reggiano 
è raddoppiata la vendita di formaggi simil Parmigiano
venduti per l’originale, importati dall’Est Europa



di Luca Bonacini


Chissà
se nel 1300 quando nacque il Parmigiano, grazie a un intuizione dei monaci
Cistercensi e Benedettini di Reggio Emilia e Parma, (e poi di Modena), ci si
sarebbe immaginati che quel formaggio cosi buono e che poteva durare più a
lungo degli altri, avrebbe raggiunto un successo planetario. Sicuramente negli
anni successivi con l’avvento delle Repubbliche Marinare e gli intensi traffici
marittimi non erano tanti i formaggi che potevano viaggiare per nave
raggiungendo porti lontani dell’Europa e dell’Asia, e neppure stupisce che
Escoffier già nella seconda metà dell’Ottocento lo utilizzasse come ingrediente
principe dei suoi piatti, e che venisse servito come una prelibatezza nella
prima classe del Titanic. E oggi? Dopo grandi sforzi nella comunicazione e nella
tutela compiuti dal Consorzio del Parmigiano, questo antico prodotto
dell’ingegno dell’uomo si deve ancora difendere dalle contraffazioni. E’
notizia di questi giorni di ingenti quantità di falso Parmigiano introdotto nel
nostro paese  dall’Europa centro
orientale entrati liberamente nel nostro mercato con tanto di bollino Ce.
Formaggi regolari, attenzione, ma che ingannano il consumatore per i loro nomi
che richiamano i pregiati re della tradizione casearia Made in Italy e
soprattutto per quella “I”, riportata sulla forma, che indica solo ed
esclusivamente il confezionamento fatto in Italia e non il luogo di origine del
prodotto e delle materie prime, sigla che pochissimi, in verità, sanno cosa sta
a significare. Il risultato è che nel nostro mercato nel 2012 sono stati
commercializzati 27,3 milioni di chili di formaggi non Dop prodotti con latte
bovino. Esattamente: 8,3 milioni dalla Germania, 8,1 milioni dalla Repubblica
Ceca, 2,7 dall’Ungheria. 
Concorrenti che in casa hanno conteso lo spazio al
Parmigiano Reggiano e al Grana Padano. L’importazione di questi prodotti
sarebbe aumentata del doppio negli ultimi anni. Lo denuncia la Coldiretti. Un
caso di fake, non illegale però. Il problema sarebbe proprio la somiglianza dei
codici doganali con quelli dei due formaggi italiani (che è 04069061). E a
questo si aggiungerebbe anche una descrizione tecnica del prodotto quasi
identica, lasciando intendere al consumatore che si tratta di prodotti della
stessa qualità e fattura, quando invece sono formaggi ottenuti senza dovere
rispettare i disciplinari di produzione approvati dall’Ue. “Questi formaggi –
precisa la Coldiretti – sono codificati dall’Istat con il codice doganale
04069069 hanno tenore, in peso, di materie grasse uguale o inferiore al 40%, e
tenore, in peso, di acqua della sostanza (non grassa) inferiore uguale al 47%.
Siamo dinnanzi ad un caso – conclude la Coldiretti – che richiede l’intervento
immediato per salvaguardare il lavoro di migliaia di allevatori italiani
impegnati in una produzione unica che rappresenta l’immagine del made in italy
nel mondo”.

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