Diventare
assaggiatore di Parmigiano
di Luca Bonacini
E
adesso cosa sentite ? Difficile rispondere a questa domanda arrivata a
bruciapelo, dopo aver morsicato un pezzetto di Parmigiano, durante la prima
lezione del corso assaggiatori. Tutto bene nella parte dedicata al parmigiano
nei secoli ma quando è iniziata la parte organolettica, sono cominciati i guai.
Di Parmigiano ne ho mangiato delle tonnellate ed è uno dei cibi che non manca
mai nel mio frigo, lo metti dappertutto, è buonissimo, è a chilometro zero, e
soprattutto ti salva la vita quando tua moglie non sa cosa preparare da cena. Ma quando
si è trattato di descriverne gli odori, gli aromi, i sapori, malgrado mi
ritenessi un conoscitore si è alzata una nebbia fittissima. Un mondo
sconosciuto fatto di sensazioni impercettibili che invece i palati esperti
percepiscono con facilità: come la frutta secca, la verdura lessa, la nocciola
tostata, l’erba, fino ad arrivare alla stalla, al brodo di carne, al cuoio o addirittura
all’acido butirrico e quello propionico. Difficile orientarsi in un campo cosi
vasto di odori e sapori, del resto è diventata una vera e propria scienza
quella del degustatore di professione, un arte perfezionata nei secoli che ha
ormai raggiunto un grado di precisione elevatissimo, strumento indispensabile
nel mondo del Parmigiano per individuare i diversi gradi di qualità del
prodotto. Dobbiamo alle invasioni barbariche (nulla a che vedere con la
trasmissione di Daria Bignardi su La7), se alla fine nel 500 giunsero a noi i
primi bovini, portando per la prima volta il latte di mucca sulla tavola dei
nostri avi. Ma furono i monaci Benedettini e Cistercensi intorno al 1300 a
inventarsi il metodo con cui ancora oggi si produce il Parmigiano Reggiano, un
formaggio amato dal cuoco francese Escoffier che lo utilizzava in complesse
preparazioni destinate alle tavole delle corti Europee, e che figurava nei menù
dell’esclusiva prima classe del Titanic, cosi equilibrato da essere uno dei
pochi cibi freschi portati in orbita dagli astronauti. Notizie storiche,
elementi di fisiologia, le prassi della lavorazione, le modalità d’assaggio e
le tecniche di degustazione, approfonditi in sette lunedì consecutivi, per
conoscere una delle eccellenze del nostro territorio con otto secoli di storia.
Come è andata a finire ? Grazie alla pazienza dei docenti ho vinto l’iniziale
abbattimento, e mentre mi avvio alla fine del corso sto cominciando a capirci
qualcosa, ma c’è l’esame che incombe. E’ proprio vero che gli esami non
finiscono mai.
adesso cosa sentite ? Difficile rispondere a questa domanda arrivata a
bruciapelo, dopo aver morsicato un pezzetto di Parmigiano, durante la prima
lezione del corso assaggiatori. Tutto bene nella parte dedicata al parmigiano
nei secoli ma quando è iniziata la parte organolettica, sono cominciati i guai.
Di Parmigiano ne ho mangiato delle tonnellate ed è uno dei cibi che non manca
mai nel mio frigo, lo metti dappertutto, è buonissimo, è a chilometro zero, e
soprattutto ti salva la vita quando tua moglie non sa cosa preparare da cena. Ma quando
si è trattato di descriverne gli odori, gli aromi, i sapori, malgrado mi
ritenessi un conoscitore si è alzata una nebbia fittissima. Un mondo
sconosciuto fatto di sensazioni impercettibili che invece i palati esperti
percepiscono con facilità: come la frutta secca, la verdura lessa, la nocciola
tostata, l’erba, fino ad arrivare alla stalla, al brodo di carne, al cuoio o addirittura
all’acido butirrico e quello propionico. Difficile orientarsi in un campo cosi
vasto di odori e sapori, del resto è diventata una vera e propria scienza
quella del degustatore di professione, un arte perfezionata nei secoli che ha
ormai raggiunto un grado di precisione elevatissimo, strumento indispensabile
nel mondo del Parmigiano per individuare i diversi gradi di qualità del
prodotto. Dobbiamo alle invasioni barbariche (nulla a che vedere con la
trasmissione di Daria Bignardi su La7), se alla fine nel 500 giunsero a noi i
primi bovini, portando per la prima volta il latte di mucca sulla tavola dei
nostri avi. Ma furono i monaci Benedettini e Cistercensi intorno al 1300 a
inventarsi il metodo con cui ancora oggi si produce il Parmigiano Reggiano, un
formaggio amato dal cuoco francese Escoffier che lo utilizzava in complesse
preparazioni destinate alle tavole delle corti Europee, e che figurava nei menù
dell’esclusiva prima classe del Titanic, cosi equilibrato da essere uno dei
pochi cibi freschi portati in orbita dagli astronauti. Notizie storiche,
elementi di fisiologia, le prassi della lavorazione, le modalità d’assaggio e
le tecniche di degustazione, approfonditi in sette lunedì consecutivi, per
conoscere una delle eccellenze del nostro territorio con otto secoli di storia.
Come è andata a finire ? Grazie alla pazienza dei docenti ho vinto l’iniziale
abbattimento, e mentre mi avvio alla fine del corso sto cominciando a capirci
qualcosa, ma c’è l’esame che incombe. E’ proprio vero che gli esami non
finiscono mai.