conferme
Lambrusco di
Sorbara Paltrinieri Radice:
Sorbara Paltrinieri Radice:
da tre generazioni
prodotto d’eccellenza
prodotto d’eccellenza
di Adriano Aiello
Parlare di un Lambrusco non filtrato, a
rifermentazione naturale in bottiglia con lieviti indigeni, potrebbe anche rientrare
nelle mie confessioni eno-fighette (tipo questa e quest’altra), vista anche la
rinnovata centralità degli ultimi anni del Lambrusco tra i bevitori più
ricercati.
rifermentazione naturale in bottiglia con lieviti indigeni, potrebbe anche rientrare
nelle mie confessioni eno-fighette (tipo questa e quest’altra), vista anche la
rinnovata centralità degli ultimi anni del Lambrusco tra i bevitori più
ricercati.
Ma come: il Lambrusco, quello prodotto in milioni di bottiglie che il
suocero medio sfoggia in sicurezza la domenica, obbligando gli avvinazzati con
cognizione a simulare il virus gastrointestinale per farne a meno? Eh sì, ma
con tutte le sfumature del caso che escludono i troppi prodotti dozzinali e che
vedono davanti a tutti un pugno di produttori fautori di questo rilancio, su
cui non mi soffermo perché sarei fuori tempo massimo. Qualche cantina per chi
volesse provare qualche Lambrusco di
grande personalità e mineralità però la suggerisco perché sono quelle che
sto scoprendo io stesso con piacere. Provate Camillo Donati, Cinque Campi, Podere Saliceto, Cà de Noci, Storchi o
se siete più tradizionalisti (o più pigri nelle ricerche) Cavicchioli e la Cantina di Sorbara, sicuramente tra le migliori
industriali. Per riequilibrare il tasso di hipsterismo potenziale del post lo
popolarizzo, spiegando come sono arrivato ad aprire questa bottiglia –
perdonatemi le premesse e le peregrinazioni autobiografiche ma è un blog di vino, non un seminario di
letteratura comparata. Semplicemente non credo molto nella scienza degli
abbinamenti e allora li sublimo demenzialmente attraverso una vecchia
tradizione (ognuno ha le sue turbe): legare il vino a una partita importante
dell’Arsenal (tifo una squadra inglese, altra turba, anche masochista). Volevo qualcosa
di amabile, fresco, poco impegnativo e dalla grande beva in casi di prevedibile
disfatta serale e ho pensato a questo Lambrusco
“Radice” di Paltrinieri, prodotto di punta di una cantina che lo coltiva da
tre generazioni nella zona d’eccellenza del vitigno. A Cristo, crue storica tra
Secchia e Panaro. Il Radice è un Sorbara in purezza di livello ineccepibile:
una vera sicurezza. Un vino frizzante secco, scarico nelle tonalità rubino
chiaro e rigoglioso nell’effervescenza. Bello
al naso (rosa, fragoline, ciliegia e sentori vinosi arrivano netti e poi si
evolvono), essenziale, freschissimo e con una buona lunghezza, oltre che
ovviamente dotato di una beva da competizione. L’azienda produce altre versioni
del Lambrusco che non ho assaggiato recentemente, ma questa versione rifermentata è considerata il fiore all’occhiello della cantina.
Spesso non condivido molto le valutazioni delle guide ma qui mi accodo agli elogi dell’Espresso (che forse esagera
a giudicarlo come “Lambrusco dell’anno” ma siamo da quelle parti) e anche Slow
Wine gli tributa il giusto elogio. Prezzo onestissimo: io l’ho preso online a 8
euro, difficile pagarlo oltre le 10 in enoteca.
suocero medio sfoggia in sicurezza la domenica, obbligando gli avvinazzati con
cognizione a simulare il virus gastrointestinale per farne a meno? Eh sì, ma
con tutte le sfumature del caso che escludono i troppi prodotti dozzinali e che
vedono davanti a tutti un pugno di produttori fautori di questo rilancio, su
cui non mi soffermo perché sarei fuori tempo massimo. Qualche cantina per chi
volesse provare qualche Lambrusco di
grande personalità e mineralità però la suggerisco perché sono quelle che
sto scoprendo io stesso con piacere. Provate Camillo Donati, Cinque Campi, Podere Saliceto, Cà de Noci, Storchi o
se siete più tradizionalisti (o più pigri nelle ricerche) Cavicchioli e la Cantina di Sorbara, sicuramente tra le migliori
industriali. Per riequilibrare il tasso di hipsterismo potenziale del post lo
popolarizzo, spiegando come sono arrivato ad aprire questa bottiglia –
perdonatemi le premesse e le peregrinazioni autobiografiche ma è un blog di vino, non un seminario di
letteratura comparata. Semplicemente non credo molto nella scienza degli
abbinamenti e allora li sublimo demenzialmente attraverso una vecchia
tradizione (ognuno ha le sue turbe): legare il vino a una partita importante
dell’Arsenal (tifo una squadra inglese, altra turba, anche masochista). Volevo qualcosa
di amabile, fresco, poco impegnativo e dalla grande beva in casi di prevedibile
disfatta serale e ho pensato a questo Lambrusco
“Radice” di Paltrinieri, prodotto di punta di una cantina che lo coltiva da
tre generazioni nella zona d’eccellenza del vitigno. A Cristo, crue storica tra
Secchia e Panaro. Il Radice è un Sorbara in purezza di livello ineccepibile:
una vera sicurezza. Un vino frizzante secco, scarico nelle tonalità rubino
chiaro e rigoglioso nell’effervescenza. Bello
al naso (rosa, fragoline, ciliegia e sentori vinosi arrivano netti e poi si
evolvono), essenziale, freschissimo e con una buona lunghezza, oltre che
ovviamente dotato di una beva da competizione. L’azienda produce altre versioni
del Lambrusco che non ho assaggiato recentemente, ma questa versione rifermentata è considerata il fiore all’occhiello della cantina.
Spesso non condivido molto le valutazioni delle guide ma qui mi accodo agli elogi dell’Espresso (che forse esagera
a giudicarlo come “Lambrusco dell’anno” ma siamo da quelle parti) e anche Slow
Wine gli tributa il giusto elogio. Prezzo onestissimo: io l’ho preso online a 8
euro, difficile pagarlo oltre le 10 in enoteca.
Link : Il Fatto Quotidiano