A ogni gusto la sua
forma
forma
Al Mart, il Museo di arte moderna e contemporanea di
Trento e Rovereto, un’esposizione senza precedenti nel suo genere. Nella mostra
“Progetto Cibo – la forma del gusto”, artisti, food architect,
designer e chef di fama mondiale dialogano con le loro creazioni a tema
alimentare. Dal golosimetro alla penna edibile alla pasta ideata da Giorgetto
Giugiaro, ecco le opere in mostra
Trento e Rovereto, un’esposizione senza precedenti nel suo genere. Nella mostra
“Progetto Cibo – la forma del gusto”, artisti, food architect,
designer e chef di fama mondiale dialogano con le loro creazioni a tema
alimentare. Dal golosimetro alla penna edibile alla pasta ideata da Giorgetto
Giugiaro, ecco le opere in mostra
Cibo cibo cibo. Mai come negli ultimi tempi
il tema ha raggiunto livelli inediti di coinvolgimento del pubblico. E il mondo
del design, in prima fila a registrare tendenze estetiche e culturali, non
poteva non essere attratto dall’argomento.
il tema ha raggiunto livelli inediti di coinvolgimento del pubblico. E il mondo
del design, in prima fila a registrare tendenze estetiche e culturali, non
poteva non essere attratto dall’argomento.
Proprio le creazioni di un folto gruppo di “food designer” sono al
centro della mostra “Progetto Cibo.
La forma del gusto”, con cui il Mart,
Museo di arte moderna e contemporanea di Trento
e Rovereto, presenta l’arte della progettazione industriale e del design
più sperimentale applicata all’alimentazione. Alla mostra, a cura
dell’architetto Beppe Finessi e aperta fino al 2 giugno, partecipano designer e
architetti come Enrico Azzimonti, Bompas&Parr, Achille Castiglioni, Stephan
Bureaux, Lorenzo Damiani, Florence Doleac, FormaFantasma, Giorgetto Giugiaro, Marije Vogelzang, Marti Guixé, Giulio Iachetti,
Marcel Wanders, Enzo Mari, Alessandro Mendini, Katja Grujters, Konstantin
Grcic, Gaetano Pesce, Diego Ramos, Philippe Starck e sono previsti
showcooking e dibattiti con chef come Gualtiero Marchesi, Bruno Barbieri, Massimo
Bottura, Antonio Cannavacciuolo, Carlo
Cracco, Daniel Facen, Davide Oldani, Davide
Scabin. Il percorso espositivo, suddiviso per aree tematiche, si apre con
un omaggio al libretto “Good Design” pubblicato da Bruno Munari cinquant’anni fa nel quale
il grande maestro insegnava a leggere i
prodotti della natura, come ad esempio l’arancia, come fossero oggetti di design, sottolineandone, con ironia e
rigore, le caratteristiche “funzionali e prestazionali”. Partendo
proprio da quella lezione, saranno raccontati alcuni “cibi anonimi” attraverso apposite interpretazioni
grafiche, per mostrarne le forme tradizionali, nella loro sofisticata e precisa
costruzione architettonica: perché dietro a pietanze molto connotate
geograficamente come il Sushi o lo Strudel, così come la Lasagna, l’Arancino o l’Oliva ascolana, si celano strutture progettuali
frutto di un accorto compromesso tra immagine, gusto e produzione. Un alimento
così basilare e onnipresente come il Pane sarà presentato in una teoria di forme differenti, esposte come vere e proprie sculture
per valorizzarne la loro “bontà” estetica. Vari tipi di pasta,
progettati da autori come Giorgetto Giugiaro, Mauro Olivieri e Christian Ragot
racconteranno emblematicamente di come la creatività dei designer converga con
la produzione industriale: è questo uno dei temi chiave della mostra, che ha
“rivoluzionato – scrive in catalogo Giampiero Bosoni – il rapporto tra
forma e contenuto del cibo”. Una felicità di sintesi che è anche alla base
del successo di prodotti commerciali come i cioccolati Bacio Perugina e Ferrero
Rocher, il biscotto Krumiro e la patatina Saratoga Chips. La riflessione sulle trasformazioni messe in atto dall’industria
alimentare, ancora in radicale
evoluzione, intreccia i temi dell’etica,
dell’ecologia e anche, in una sezione dedicata ai brevetti, del rapporto
tra creatività e standardizzazione. I
“food designer” hanno oggi una libertà pressoché infinita di
modulare forma e funzione. É da qui che nascono oggetti come la “Penna edibile” di Martì Guixè, il “Golosimetro” di cioccolato
di Paolo Ulian e lo “Sugar Spoon” di Marije Vogelzang. In molti casi
è la forma stessa di un prodotto ad essere pensata e sviluppata come elemento
decorativo: in mostra si vedranno le gelatine di Bompas & Parr che
riproducono la Cattedrale di St Paul a Londra, la “Bread Palette” (fetta biscottata a forma di tavolozza)
di Ryohei Yoshiyuki e lo “Speculoos” di Delphine Huguet, biscotto che
si adatta alla tazzina da caffè. Oggetti in cui si coglie un’ironia sottotraccia, che diventa invece distacco divertito nelle
creazioni di Matteo Ragni, Diego Ramos e Enrico Azzimonti, raccolte in una
sezione intitolata “Ironia, metafora e paradosso”. In mostra anche oggetti di design realizzati
con materiali alimentari: i gioielli di cioccolato di Barbara Uderzo, i
servizi da tavola di pane di FormaFantasma o il “Decafè” di Raúl
Laurí Pla, vincitore del Salone satellite 2012 a Milano. La
“Cioccolator” di Alessandro Mendini, una calcolatrice a forma di
tavoletta di cioccolato, o i “Popsicles” di Putput, spugne sagomate
come ghiaccioli, sono invece singolari esempi di oggetti di design che alludono
al cibo.
centro della mostra “Progetto Cibo.
La forma del gusto”, con cui il Mart,
Museo di arte moderna e contemporanea di Trento
e Rovereto, presenta l’arte della progettazione industriale e del design
più sperimentale applicata all’alimentazione. Alla mostra, a cura
dell’architetto Beppe Finessi e aperta fino al 2 giugno, partecipano designer e
architetti come Enrico Azzimonti, Bompas&Parr, Achille Castiglioni, Stephan
Bureaux, Lorenzo Damiani, Florence Doleac, FormaFantasma, Giorgetto Giugiaro, Marije Vogelzang, Marti Guixé, Giulio Iachetti,
Marcel Wanders, Enzo Mari, Alessandro Mendini, Katja Grujters, Konstantin
Grcic, Gaetano Pesce, Diego Ramos, Philippe Starck e sono previsti
showcooking e dibattiti con chef come Gualtiero Marchesi, Bruno Barbieri, Massimo
Bottura, Antonio Cannavacciuolo, Carlo
Cracco, Daniel Facen, Davide Oldani, Davide
Scabin. Il percorso espositivo, suddiviso per aree tematiche, si apre con
un omaggio al libretto “Good Design” pubblicato da Bruno Munari cinquant’anni fa nel quale
il grande maestro insegnava a leggere i
prodotti della natura, come ad esempio l’arancia, come fossero oggetti di design, sottolineandone, con ironia e
rigore, le caratteristiche “funzionali e prestazionali”. Partendo
proprio da quella lezione, saranno raccontati alcuni “cibi anonimi” attraverso apposite interpretazioni
grafiche, per mostrarne le forme tradizionali, nella loro sofisticata e precisa
costruzione architettonica: perché dietro a pietanze molto connotate
geograficamente come il Sushi o lo Strudel, così come la Lasagna, l’Arancino o l’Oliva ascolana, si celano strutture progettuali
frutto di un accorto compromesso tra immagine, gusto e produzione. Un alimento
così basilare e onnipresente come il Pane sarà presentato in una teoria di forme differenti, esposte come vere e proprie sculture
per valorizzarne la loro “bontà” estetica. Vari tipi di pasta,
progettati da autori come Giorgetto Giugiaro, Mauro Olivieri e Christian Ragot
racconteranno emblematicamente di come la creatività dei designer converga con
la produzione industriale: è questo uno dei temi chiave della mostra, che ha
“rivoluzionato – scrive in catalogo Giampiero Bosoni – il rapporto tra
forma e contenuto del cibo”. Una felicità di sintesi che è anche alla base
del successo di prodotti commerciali come i cioccolati Bacio Perugina e Ferrero
Rocher, il biscotto Krumiro e la patatina Saratoga Chips. La riflessione sulle trasformazioni messe in atto dall’industria
alimentare, ancora in radicale
evoluzione, intreccia i temi dell’etica,
dell’ecologia e anche, in una sezione dedicata ai brevetti, del rapporto
tra creatività e standardizzazione. I
“food designer” hanno oggi una libertà pressoché infinita di
modulare forma e funzione. É da qui che nascono oggetti come la “Penna edibile” di Martì Guixè, il “Golosimetro” di cioccolato
di Paolo Ulian e lo “Sugar Spoon” di Marije Vogelzang. In molti casi
è la forma stessa di un prodotto ad essere pensata e sviluppata come elemento
decorativo: in mostra si vedranno le gelatine di Bompas & Parr che
riproducono la Cattedrale di St Paul a Londra, la “Bread Palette” (fetta biscottata a forma di tavolozza)
di Ryohei Yoshiyuki e lo “Speculoos” di Delphine Huguet, biscotto che
si adatta alla tazzina da caffè. Oggetti in cui si coglie un’ironia sottotraccia, che diventa invece distacco divertito nelle
creazioni di Matteo Ragni, Diego Ramos e Enrico Azzimonti, raccolte in una
sezione intitolata “Ironia, metafora e paradosso”. In mostra anche oggetti di design realizzati
con materiali alimentari: i gioielli di cioccolato di Barbara Uderzo, i
servizi da tavola di pane di FormaFantasma o il “Decafè” di Raúl
Laurí Pla, vincitore del Salone satellite 2012 a Milano. La
“Cioccolator” di Alessandro Mendini, una calcolatrice a forma di
tavoletta di cioccolato, o i “Popsicles” di Putput, spugne sagomate
come ghiaccioli, sono invece singolari esempi di oggetti di design che alludono
al cibo.
Link: Espresso Food & Wine
Immagine : Bompas&Parr, St. Paul’s jelly, 2009